Pensione, come andarci col 100% grazie al Tfr nei fondi integrativi
Ottenere un assegno pari all’80% e oltre dello stipendio è ancora possibile. Per raggiungere l’obiettivo può essere necessario fare versamenti aggiuntivi deducibili
Messo oramai in soffitta da tempo il sistema pensionistico basato sul metodo retributivo per passare a quello contributivo, andare in pensione con un assegno mensile equivalente all’80% o più dell'ultimo stipendio percepito è diventata una chimera.
Il ruolo del Tfr
Tuttavia rimane possibile ottenere lo stesso risultato o addirittura raggiungere il 100% conferendo il proprio trattamento di fine rapporto (Tfr) a fondi di previdenza integrativa, e, a seconda delle condizioni soggettive, magari effettuando versamenti aggiuntivi volontari. Per spiegare ai lavoratori come muoversi per raggiungere l'obiettivo alla fine della propria carriera lavorativa, il portale indipendente specializzato in consulenze finanziarie www.smileconomy.it ha realizzato delle proiezioni sul “tasso di sostituzione”, prendendo in considerazione diverse categorie di lavoratori dipendenti. A commentarle con un breve video Andrea Carbone, uno dei due fondatori del sito.
Fondi pensione
Stiamo parlando della cosiddetta previdenza integrativa, che sulla base di una libera scelta dei lavoratori può integrare le future pensioni, sfruttando le opportunità che leggi e contratti collettivi nazionali hanno reso possibili. A partire da un regime fiscale di favore rispetto a quello riservato al trattamento di fine rapporto. Fino ad oggi, peraltro – dal 2007 al 2023 - solo il 22% degli accantonamenti del Tfr nelle aziende è stato destinato ad una forma di previdenza integrativa, con il 78% che è rimasto custodito dalle aziende se con meno di 50 dipendenti, o presso il Fondo di tesoreria dell’Inps per quelle con più di 50 dipendenti. D'altra parte, il cosiddetto “risparmio parcheggiato” fa particolarmente gola ai gestori dei fondi integrativi, e le stesse istituzioni europee sottolineano quanto sia importante rendere produttive le risorse di Tfr e risparmi.
La fiscalità
Da tenere presente, infine, che la fiscalità applicata alla prestazione previdenziale finali sarà differente a seconda delle due ipotesi possibili: il Tfr lasciato in azienda subirà una tassazione fra il 23 e il 43%, mentre quello conferito ad un fondo pensione otterrà una tassazione più vantaggiosa tra il 15 e il 9%, a seconda del numero di anni di iscrizione alla previdenza integrativa. Fermo restando il fatto, ovviamente, che se si sceglie di destinare il proprio Tfr ai fondi pensione, il risultato finale dipenderà molto dalle scelte più o meno conservative sugli investimenti da fare, e dall'andamento del mercato dei titoli nei quali investono i fondi pensione.
Le proiezioni
Ma cosa dicono le proiezioni effettuate da smileeconomy.it? Il portale ha preso in considerazione lavoratori dipendenti con redditi compresi fra 1.800 e 2.200 euro netti in busta paga al mese, ipotizzando tre fasce di età: 30, 40 e 50 anni. Retribuzioni che sono state ipotizzate costanti in termini reali fino al momento del pensionamento, per cui di fatto crescerebbero in misura uguale all'inflazione. Tenuto conto che il requisito della pensione anticipata contributiva è riservato solo a chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi – il cosiddetto “ponte” tra previdenza integrativa e pubblica di base, che è possibile da quest’anno - queste tre tipologie di lavoratori potrebbero andare in pensione tra i 65 anni e 3 mesi dei cinquantenni, e i 67 anni e 2 mesi dei trentenni. Se guardiamo al loro rapporto tra pensione e reddito netti, per tutte e tre le fasce di lavoratori considerate il loro assegno pensionistico equivarrebbe al 70-72% dell'ultimo stipendio. Per cercare di raggiungere l'obiettivo di equipararlo al 100% della retribuzione con la quale si è chiuso il rapporto di lavoro, si può quindi fare la scelta di conferire ad un fondo pensione il trattamento di fine rapporto che sarà maturato dal momento della scelta in avanti fino al raggiungimento dell'età della pensione. Questo consentirebbe a un cinquantenne che investa in un fondo pensione a basso rischio (80% titoli obbligazionari governativi europei e 20% azioni mondiali) di poter ottenere un assegno pensionistico equivalente al 77% della sua ultima retribuzione. Un trentenne che invece investisse in un fondo pensione ad alto rischio (con percentuali obbligazionarie e azionarie invertite 20%-80%) potrebbe anche arrivare ad avere un assegno pensionistico pari al 105% dello stipendio. Se per il trentenne è più semplice arrivare al 100% in virtù del fatto che ha davanti a sé una lunga vita lavorativa, per chi ha 40 o 50 anni, ovviamente, questo obiettivo sì fermerebbe a percentuali comprese tra il 77% e il 90%.
Versamenti volontari
Sempre secondo i calcoli fatti da Smileconomy, per fare il salto di qualità, raggiungere una pensione che sia pari al 100% dell'ultimo stipendio percepito, i lavoratori più anziani dovrebbero aggiungere versamenti volontari mensili al fondo di previdenza integrativa, versamenti che variano dai 119 euro di un quarantenne disposto a fare un investimento ad alto rischio, fino agli 843 euro al mese di chi ha cinquant'anni, investendo in una linea a basso rischio. In questo caso parliamo di versamenti lordi che possono beneficiare della deducibilità fiscale sul reddito fino a un massimo di 5.164 euro all'anno. Tutto ciò considerato, secondo i dati più recenti negli ultimi dieci anni, il Tfr si è rivalutato in media del 2,4%. Nello stesso periodo, la previdenza integrativa ha fatto peggio (0%) oppure meglio (4,7%), a seconda dello strumento e della linea di investimento che sono stati scelti dal lavoratore.
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