L'oro conviene? I rischi degli investimenti e i "pericoli" delle quotazioni: le regole per evitare di danneggiare il portafoglio
La leggenda dei lingotti e molto altro: parlano gli esperti
È un po’ come la coperta di Linus: nei momenti di maggiore incertezza finanziaria, chi di finanza non mastica molto può ingenuamente trovare più rassicurante stringere tra le mani un gruzzoletto d’oro, che non vedere scritta sulla lettera della banca una sigla astrusa, un acronimo che significa chissà cosa. Non a caso lo chiamano “bene rifugio”. Ma siamo sicuri che l’oro – di questo stiamo parlando – sia davvero un “rifugio” così sicuro? E che contro le minacce dei dazi, l’inconsistenza delle criptovalute, le turbolenze che sconquassano il pianeta, sia sufficiente ancorare i nostri risparmi a un lingotto? Ed è davvero un lingotto quel che compriamo quando “compriamo oro” per investire? La tentazione è forte. Il balzo degli ultimi tre mesi, da 2.600 a 3mila dollari all’oncia, è un canto di sirena. Ma occhio all’abbaglio. A ben vedere, anche se luccica, nel conto non c’è solo oro.
Il lingotto dove lo metto?
Prima di tutto occorre intendersi su cosa si compra. «C’è sempre stata confusione su questo aspetto. L’oro viene concepito materialmente come qualcosa che compri, lo metti lì e, se un domani il mondo va a rotoli, lo tiri fuori e puoi ripartire», spiega Andrea Cetti, consulente finanziario di Fideuram. «In realtà – prosegue – quello che compri sono Etf o Etc, cioè prodotti finanziari agganciati all’andamento dell’oro. Compri dei derivati, insomma, una riga di un estratto conto. Ma non compri davvero oro». Anche perché tenersi un lingotto sotto il materasso, oltreché scomodo, non è esattamente il massimo della sicurezza. «In genere lo si compra attraverso più strumenti finanziari che vengono giornalmente quotati: loro ti comprano i lingotti e te li mettono nei caveaux. Il problema è che questo oro ha un costo di mantenimento, e poi ha un costo di rendita. Inoltre c’è un costo d’acquisto e uno di rivendita. Non è uno strumento troppo trasparente», completa il quadro Claudio Turchi, consulente finanziario di Allianz Bank. Ma mettiamo di voler proprio comprare un pezzo d’oro. Un lingotto. «È difficile comprarlo – spiega Cetti – Se compro un lingottino, per metterlo in cassaforte, chi me lo assicura che è oro al 100%? E poi dove lo vendo? Nei negozi che comprano oro usato e che me lo retrocedono a un valore assai diverso dalla quotazione? Le stesse banche hanno difficoltà a venderlo». Due istituti di credito che abbiamo contattato ieri, in effetti, ci hanno risposto che non hanno questo tipo di prodotto. Insomma: il forziere di monete d’oro alla Paperon de’ Paperoni, anche a permetterselo, non è esattamente l’immagine più adatta da tenere a mente quando si pensa a questo tipo di investimento.
Tanta curiosità
«Rimane più una curiosità che non un effettivo investimento – spiega ancora Turchi – perché pur essendo un bene fisico, è uno strumento comunque soggetto a fluttuazioni molto importanti. E quando vai ad analizzare i pro e i contro, i più finiscono per rinunciare». Eppure di tanto in tanto esce come bene rifugio. «Succede – prosegue Turchi – in momenti di catastrofi finanziarie. Sull’onda della crisi petrolifera del 1972, chi lo comprò per investimento ha rivisto il prezzo d’acquisto solo nel 2008. Per 35 anni l’oro che aveva acquistato è stato sotto il prezzo d’acquisto».
Bocciato o rimandato?
«In realtà è adatto solo per percentuali contenute di un investimento, sul 5-10%», spiega Turchi. E Cetti conferma: «Se lo trovi in qualche portafoglio aiuta la performance, ma oltre a questo sono alternative che non rispecchiano mai l’andamento desiderato. Io in 35 anni di attività non ne ho mai comprato. Inoltre c’è il rischio che, a stare dietro all’oro, si perdano di vista investimenti più semplici e più sicuri, come i Btp, che sono al 4%». Insomma, occhio a non rimanere abbagliati.