Cecina, paziente di 41 anni in stato vegetativo attende 7 ore al pronto soccorso. Lo sfogo della madre e la risposta dell’Asl
A raccontare la disavventura è la madre Monica Creatini: «Mio figlio era agitatissimo per il dolore, non può stare in un materassino di una barella tutto quel tempo»
CECINA. È arrivato al pronto soccorso alle 12,20 in barella ed è rimasto in attesa di un letto in reparto fino alle 20. A raccontare la disavventura di Gianluca è la madre Monica Creatini. Un’attesa di tante ore su una barella scomoda che non avrebbe fatto piacere a nessuno ma che in questo caso può trasformarsi in una situazione ingestibile per il rischio di contrarre infezioni e per le difficoltà oggettive: il paziente è infatti un uomo di 41 anni in stato vegetativo dopo aver contratto il Covid.
«Mio figlio – racconta la madre che fa parte anche del Gruppo di auto aiuto della Regione Toscana istituito come ramo dell’associazione Atracto – vive in una condizione di immobilità da 4 anni con danni neurologici devastanti. Vive in casa con noi genitori e talvolta ha l’esigenza di fare controlli. Giovedì siamo arrivati in emergenza all’ospedale di Cecina per fare accertamenti perché per chi vive una situazione come quella di mio figlio, considerata irreversibile, non è garantito nessun servizio domiciliare».
Quando il paziente è arrivato in pronto soccorso si è reso necessario metterlo in una stanza in isolamento dal momento che l’uomo è portatore di batteri e allo stesso tempo è molto ricettivo alle infezioni. «Prima ho dovuto spiegare – racconta la madre – che proprio non poteva stare in una stanza insieme a un altro signore, per mio figlio ma anche per la sicurezza dell’altro paziente e ho ottenuto una stanza senza nessun altro. Una volta lì però sono servite ore perché fosse trasferito in reparto, a medicina. Mio figlio era agitatissimo per il dolore, non può stare in un materassino di una barella tutto quel tempo. Sembra che dovessero sanificare una stanza ma non è possibile che servano sette ore: nessuno deve attendere così tanto al pronto soccorso tantomeno se si tratta di pazienti così fragili».
L’Asl fa sapere che «innanzitutto si scusa con la famiglia se ci sono state incomprensioni nella comunicazione con il personale del pronto soccorso» ma «vogliamo rassicurare che la presa in carico è stata corretta ed effettuata nei tempi congrui. Proprio per garantire al paziente una maggiore sorveglianza abbiamo predisposto il ricovero in un letto cosiddetto secondo, a maggior intensità assistenziale, che necessità di tempi più lunghi per la preparazione per la necessità di sanificare gli ambienti».