Si toglie la vita perseguitata dai truffatori, il marito: «Forse sperava di farmi smettere di lavorare»
Massarosa: Giacinto Canini non si dà pace e chiede giustizia
MASSAROSA. Il sogno di una vita diversa, più facile, senza sgobbare dalla mattina alla sera e senza penare per i conti da pagare. Se questa è una colpa, ce ne sono tanti che dovrebbero finire sotto inchiesta. «Ma io ho perdonato mia moglie, anche se mi rendo conto che può aver fatto scelte sbagliate», dice a Il Tirreno Giacinto Canini, marito di Katia Palagi che si è uccisa dopo essere finita nella rete delle truffe sul web.
Katia sognava, forse, una vita con meno preoccupazioni. «Probabilmente sperava di farmi smettere di lavorare – spiega Canini alle telecamere di “Chi l’ha visto?” –. Perché il mio lavoro mi porta via tanto tempo. E lei magari desiderava tenermi di più a casa». Giacinto Canini è un autista della Misericordia di Stiava, frazione del comune di Massarosa. Per chi non conosce il tessuto delle associazioni di volontariato della Versilia (ma non solo), si sappia solo che da queste parti il sentimento di appartenenza a queste realtà è fortissimo. Lo si sente sotto la pelle, perché soprattutto in alcuni paesi c’è ancora il senso di comunità e dell’aiuto reciproco.
Anche oggi che il caso di Katia è diventato di dominio pubblico, che tanti ne parlano perché impressionati da questa tragedia, per Giacinto è fondamentale portare a termine il proprio compito. «Guardi, non so se posso stare troppo al telefono – dice – perché, tra le altre cose, devo accompagnare una persona per fare la dialisi».
Il senso del dovere prima di tutto, perché è quello che ci definisce: il modo in cui ci comportiamo nel mondo e con gli altri, e anche la reazione a fronte di una tragedia enorme. Giacinto e Katia erano una coppia normale, nel senso migliore del termine. Persone perbene che hanno il loro posto nella comunità. Katia lavorava nella segreteria di un istituto comprensivo di Massarosa: quando è morta, le è stata dedicata la cerimonia del Premio letterario Massarosa dedicato alle scuole, evento che si è tenuto il giorno successivo alla tragedia. I suoi colleghi non avevano la più pallida idea di cosa le stesse succedendo, né di cosa sarebbe accaduto.
Suo marito Giacinto si rammarica, certamente, come tutte le persone che le stavano accanto. Adesso, però, vuole solo che «questa storia – dice – metta in evidenza che cosa può accadere a coloro che finiscono in trappole simili. Abbiamo deciso di parlarne perché ci si renda conto dell’enormità del problema. E chi di dovere indaghi, anche se non è facile individuare questi malviventi».