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Università toscane, tagli per 42 milioni di euro: cosa cambia per tasse, assunzioni e ricerca

di Francesca Ferri

	Un'aula universitaria (foto di archivio)
Un'aula universitaria (foto di archivio)

Ridotto il Fondo di finanziamento ordinario: batosta per gli atenei che rischiano di tagliare alcuni servizi

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Nel 2024, rispetto al 2023, le università di Firenze, Pisa e Siena hanno patito un taglio di quasi 42 milioni di euro dal Fondo di finanziamento ordinario, stanziato dal ministero dell’Università e ricerca: 17 milioni in meno per Firenze, 16,5 per Pisa e 8,2 per Siena. In tutto 41,7 milioni. E rischiano di dover aumentare le tasse agli studenti, di rinunciare a rinnovare i contratti ai ricercatori precari, di non poter assumere nuovi docenti al posto di quelli che vanno in pensione, ma anche di rivedere alcuni servizi base. Insomma, se per anni i “tagli all’università” hanno riguardato “solo” la ricerca, oggi oltre a quel problema – i fondi stanziati in Italia oggi sono un terzo di quelli stanziati in Germania – è a rischio il sistema stesso.

I numeri

A livello nazionale l’Ffo è passato da 9,2 a 9,03 miliardi. Per gli atenei sono 173 milioni di euro in meno, ai quali vanno sommate le mancate assegnazioni per le coperture aggiuntive (340 milioni) previste dal piano per gli associati, e le mancate coperture per l’adeguamento Istat degli stipendi dei docenti (+4,8%).

L’allarme dall’UniStraSi

Il grido d’allarme arriva dalla Toscana. Dove ieri è stato lanciato in una conferenza organizzata dal rettore Tomaso Montanari all’università per Stranieri di Siena, che ha coinvolto, oltre a diversi colleghi, la Rete delle 122 società scientifiche che di recente hanno condiviso un documento in cui esprimono «serie preoccupazioni sul ridimensionamento dell’università e della ricerca pubblica».

«Attacco all’università»

A nome della Rete è intervenuto il professore Mario Pianta della Scuola Normale Superiore di Pisa, presidente della Società italiana di economia. Che, numeri alla mano, ha parlato di un «attacco all’università italiana» che obbliga i ricercatori ad andarsene via dall’Italia («15mila negli ultimi 10 anni», ha detto) con un conseguente «impoverimento di tutto il tessuto produttivo».

Pisa, Firenze, Siena

«L’università di Pisa nel 2024 ha avuto un taglio di 16,5 milioni di euro», spiega il rettore Riccardo Zucchi. «Sono soldi che servono a pagare stipendi, servizi esterni di pulizia e bollette». Non va meglio a Firenze. «Il taglio per noi è stato del 7,4%, circa 17 milioni di euro. Nello stanziamento sono stati ricompresi fondi che in precedenza risultavano aggiunti all’Ffo dell’anno precedente, come quelli relativi al piano straordinario per le assunzioni, al piano di valorizzazione del personale e al parziale adeguamento degli scatti stipendiali», spiega la rettrice Alessandra Petrucci. A Siena deve i tagli sono di «8,2 milioni di euro», dice il rettore Roberto Di Pietra. Che, chiarisce: «È da 4-5 governi che l’università non è finanziata come dovrebbe. Stavolta però i costi non sono più così comprimibili».

Aumento delle tasse?

Aleggia il timore di un aumento delle tasse. «Per il momento a Siena non toccheremo la tassazione e la contribuzione studentesca, ma dovremmo rallentare il reclutamento, cioè: non assumo più a tempo determinato; non faccio nuovi professori ordinari; se uno va in pensione non lo posso rimpiazzare. C’erano giovani che aspettavano di partecipare ai concorsi. Così non sarà». «Per l’anno corrente gli impegni presi sono stati rispettati – dice da Firenze Petrucci – ma la contrazione dei finanziamenti, se sarà confermata per il futuro, rischia di incidere pesantemente, sia per quanto riguarda il turn over del personale, che il finanziamento dei progetti di ricerca».

Anche a Pisa toccherà rallentare il reclutamento. E c’è di più: «Chi più, chi meno, ma sì, temo che le tasse le dovranno aumentare tutti, e anche noi», dice Zucchi. E comunque non basterà. «Si rischia il blocco delle assunzioni, ma voglio evitarlo – dice Zucchi – Certo, ci sarà un rallentamento, in un Paese in cui la fuga dei cervelli è già pesante. Del resto il movente della fuga dei cervelli è il fattore economico. All’estero gli stipendi dei dottorandi sono il triplo dei nostri. Se poi non ci sono prospettive di trovare posto all’università, si capisce perché uno se ne vada. Prendiamo però l’impegno a cercare altre risorse a inizio 2025. Sono pronto a incatenarmi davanti al ministero, ma non posso farlo da solo, sennò mi fanno un Tso. L’università dev’essere compatta».

Crui “spaccata”

E al momento non sembra esserlo. La Crui, Conferenza dei rettori delle università italiane, che a luglio, quando il Mur prospettò i tagli, scrisse una lettera di biasimo e preoccupazione, non è stata altrettanto vigorosa quando i tagli sono stati confermati. Una posizione soft da molti non condivisa, Zucchi in testa. Che ci sia una spaccatura? «Spaccatura è forse un termine forte. Però per me bisognerebbe essere più incisivi», dice.

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