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Brain rot, la parola dell’anno: venne usata per la prima volta nel 1854, ora ha una nuova importanza

Diego Rossetti Bartoli*
Scorrere video sui social è un altro comportamento che annoia la mente (Foto Franco Silvi)
Scorrere video sui social è un altro comportamento che annoia la mente (Foto Franco Silvi)

L’espressione indica la putrefazione del cervello. È legata all’uso di materiale web di basso valore

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Recentemente l’Oxford University ha selezionato come parola dell’anno “brain rot”, in italiano “marciume cerebrale".

“Brain rot” è definito come il deterioramento dello stato mentale e intellettuale di una persona, individuato nel risultato di un consumo eccessivo di materiale considerato banale o poco stimolante (nel nostro contesto sociale i contenuti online).

Il termine è stato trovato per la prima volta nel libro Walden di Henry David Thoreau (1854) nella critica alla tendenza della società di svalutare le idee complesse a favore di quelle semplici, e vede questo come indicativo di un declino generale nello sforzo mentale e intellettuale.

Gli esperti di Oxford hanno notato che quest'anno il termine ha acquistato un nuovo significato, e ora viene utilizzato per esprimere preoccupazioni sull'impatto del consumo eccessivo di contenuti online di bassa qualità. Infatti l’utilizzo dei social dal 2023 al 2024 è aumentato del 230%.

Oltre a riferirsi ai contenuti di bassa qualità e di scarso valore reperibili sui social media, richiama il conseguente impatto negativo che il consumo di questo tipo di contenuti ha su ogni individuo.

Tra i fenomeni che ci fanno rendere conto che è proprio la nostra generazione vittima del deterioramento cerebrale ci sono: diminuzione delle capacità di concentrazione, riduzione della memoria a breve termine, procrastinazione, alterazione del sonno.

Bisogna renderci conto del potenziale impatto negativo che un consumo eccessivo di questi contenuti potrebbe avere sulla salute mentale, particolarmente quella dei bambini e di noi ragazzi. Infatti se il cervello è esposto continuamente a stimoli rapidi e superficiali la neuroplasticità (capacità del cervello di riorganizzarsi formando nuove connessioni neuronali) lavora contro di noi: si creano percorsi neuronali legati alla gratificazione istantanea, a scapito di competenze cognitive più profonde, come la risoluzione dei problemi e la creatività.

Inoltre il sistema di ricompensa del nostro cervello rilascia dopamina ogni volta che riceviamo un “like” su Instagram o vinciamo una partita. Questo meccanismo, in origine utile per motivarci a svolgere attività fruttuose, viene iperstimolato dai media digitali.

Il risultato è una dipendenza da questi “micro-premi”, con una conseguente diminuzione dell’interesse per attività meno immediate ma più significative, come la lettura, lo studio o l’attività fisica. In modo consapevole possiamo guarire dal brain rot e ottenere uno stile di vita meno immediato ma sicuramente più utile per il futuro.

Ecco un piccolo elenco per evitare di farci travolgere dallo schermo: impostare limiti di tempo, favorire attività che coinvolgono la mente e il corpo (sport, arte, studio), pensare se ciò che guardiamo online è un contenuto interessante o semplicemente cibo spazzatura per il cervello, promuovere il pensiero critico, giocare ai giochi da tavolo “antichi” (Risiko, puzzle, scacchi), se sei un adulto, dare l’esempio positivo (a cena senza tv/cellulare).

*Studente di 16 anni

del liceo classico

XXV Aprile

di Pontedera

(Pisa)
 

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