Il Tirreno

Toscana

Violenza giovanile

Pontedera, botte tra ragazzine all’uscita da scuola: «La folla le incitava a continuare»

di Althea Lia Mathews*

	Rissa tra studenti a Pontedera
Rissa tra studenti a Pontedera

La testimonianza di una giovane studentessa: «La scuola, e più in generale le istituzioni governative, hanno il dovere morale di prevenire fenomeni di violenza e formare giovani consapevoli e responsabili delle proprie azioni»

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Immaginate questo: vi state dirigendo verso la stazione degli autobus per tornare a casa dopo una mattinata scolastica dedicata quasi interamente alla discussione e alla sensibilizzazione in occasione della giornata sulla violenza sulle donne quando, appena saliti, notate una grande folla di persone radunate attorno a due ragazze che se le danno di santa ragione, e che anzi, invece di provare a separare le due litiganti e riportare la calma, le incitano alla violenza con frasi come: «Strappale i capelli! » o «Più forte! Dagliele! ».

Botte per strada

Bene, questo è ciò che si è presentato ai miei occhi lunedì 25 novembre al ritorno da scuola allo stadio di Pontedera. E non certo per la prima volta. Sembra proprio, infatti, che appena al di fuori delle mura della scuola, svincolati da qualsiasi forma di controllo, le antipatie e le liti tra adolescenti trovino il peggiore degli sfoghi possibili, ovvero la violenza incontrollata, senza che venga frenata neanche da chi osserva la scena, che anzi è entusiasmato dalla lite e istiga le contendenti a continuare nella più totale indifferenza per ciò che viene perpetrato dinanzi ai loro occhi. Io credo che questa sia una scena assolutamente tragica, che mette in luce moltissime mancanze nell’educazione dei giovani e della nostra società in generale.

Educazione affettiva

Innanzitutto la celebrazione della violenza, che nella nostra realtà è sempre più frequente e dilagante, ma anche l’assoluta mancanza di un’educazione affettiva improntata verso dei valori come l’empatia, la solidarietà e la consapevolezza nelle scuole come all’interno dei nuclei familiari. Eppure ogni cosa parte da come stiamo dentro, e forse tutte quelle tensioni e quelle antipatie, che per certi versi fanno parte dell’esperienza di crescita di un adolescente, potrebbero essere contenute e non sarebbe necessario arrivare alla violenza se a guidare i ragazzi alla gestione delle proprie emozioni ci fossero insegnanti emotivamente e didatticamente esperti nel relazionarsi con gli alunni in un rapporto di dialogo reciproco. Nei giorni scorsi si è parlato molto della violenza di genere, ma come possiamo parlare di combattere la violenza di genere mentre le ragazze, sin dalla prima adolescenza, vengono costantemente spinte le une contro le altre da una società che le mette in competizione per qualsiasi cosa, a partire dall’aspetto fisico? Come possiamo parlare di femminicidi senza menzionare la mancanza di educazione alla conoscenza di sé che porta così tanti uomini a non saper gestire le proprie emozioni dopo la fine di una relazione? La scuola, e più in generale le istituzioni governative, hanno il dovere morale di prevenire fenomeni di violenza e formare giovani consapevoli e responsabili delle proprie azioni, ma finché permane questo distacco tra la scuola e la realtà esterna, tra ragazzi e professori, come possiamo raggiungere un futuro simile?

*Studentessa del liceo XXV Aprile di Pontedera
 

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