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Dodgeball, cos’è lo sport della “palla schivata” e le due squadre in Toscana

Anouk Travaglini*

	In Toscana ci sono due squadre di dodgeball
In Toscana ci sono due squadre di dodgeball

In Italia continua a dominare il calcio come disciplina più diffusa, ma prendono piede anche altre pratiche sportive

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Zero, zero, trentatré. O, anche: 0.0.33. No, non è il nome di una nuova spia in circolazione, dopo 007. Si tratta invece degli zero set persi, delle zero sconfitte e dei 33 game vinti di Jannik Sinner alle Atp Finals di Torino di quest’anno. Numeri stratosferici che non hanno fatto altro che incrementare il bottino dell’altoatesino che, in attesa della Coppa Davis, si ritrova a 70 vittorie stagionali. «Il pubblico è fondamentale». Come ha fatto notare lo stesso tennista italiano durante il discorso di premiazione, il pubblico, nel palazzetto e quello inchiodato davanti alla tv, è stato fondamentale, dato che, per ovvi motivi, prevalentemente italiano e schierato dalla parte di Sinner.

L’Italia e il calcio

È innegabile che la passione per questo sport, sempre considerato noioso da vedere e poco apprezzato dagli spettatori, ora riscontri parecchio successo. E se in Italia viene considerato solo il calcio, per la sua fama di lunga data, risalente addirittura alla Belle Époque, questa ascesa e il successivo gradimento del tennis dovrebbero esserci d’esempio per approfondire sport mai considerati, se non in rare occasioni una volta ogni quattro anni nel periodo delle Olimpiadi, oppure addirittura mai sentiti nominare. Tiro con l’arco e taekwondo

Ad esempio, come scordarsi di quest’estate, quando, tanto assetati di gare olimpiche degli azzurri, tutti ci siamo ritrovati a guardare intensamente, senza puntualmente capire le regole, il tiro con l’arco? O quando, tramortiti dal caldo di luglio, ci siamo messi ad assistere ad uno scontro di taekwondo, cercando di decifrare le definizioni dei colpi in coreano che pronunciava il telecronista italianizzandone la maggior parte?

Onore e rispetto per gli atleti

Non dico che ogni scoperta di una nuova attività debba essere la rivelazione del secolo dello sport che ognuno abbia mai desiderato fare. Tuttavia, sarebbe più opportuno, anche per dare agli atleti il meritato onore e rispetto, non fissarci totalmente su un unico sport e non mandare i bambini a fare il sempre e solo calcio. E se si pensa che attività più rare e meno conosciute siano impossibili da trovare, perché sicuramente le persone più vicine che le praticano sono situate nell’altro emisfero, ci sbagliamo di grosso.

Signore e signori, vi presento il dodgeballù

Ad agosto a Graz, in Austria, si sono tenuti i Mondiali di “dodgeball”. Chi mai lo poteva sapere? Voi mi chiederete, giustamente, con un’espressione sconvolta: e chi lo ha mai sentito nominare il dodgeball? Ammetterò che, in effetti, prima di conoscere un ragazzo che lo pratica, neanche io avevo una minima idea di cosa fosse. Poi, piano piano, ho scoperto che solo in Toscana ne esistono due squadre – in tutta Italia 12 – a Lucca e Viareggio. Il nome dello sport significa letteralmente “palla schivata”, ed è anche poi l’obiettivo delle sfide in campo: colpire ed eliminare gli avversari cercando di evitare che questo avvenga a sé. In pratica, quella cruenta e sanguinosa battaglia che è “palla avvelenata” durante il triennio delle scuole medie, ma molto più veloce, tecnica e decisamente brutale. Ai Mondiali di quest’anno hanno partecipato Malesia, Paese in cui questo è lo sport più diffuso, Usa, campioni in carica, Australia, Canada, Hong Kong e altre 15 nazioni oltre all’Italia. Per la cronaca, la nostra nazionale è stata sconfitta nei quarti di finale dall’Argentina ed è rimasta con l’amaro in bocca per la straordinaria conclusione del match. Ma di tutto ciò nessuno ne era a conoscenza, se non per gli atleti e i loro amici più stretti.

Crescere insieme nello sport

Eppure questo, come guardare arti marziali impronunciabili o un qualunque altro sport poco noto, potrebbe far appassionare uomini e donne a qualcosa che non sia necessariamente il calcio e potrebbe far sviluppare negli spettatori un interesse che permetterebbe allo sport di crescere, come nel caso del tennis. Ma tutto rimane oscurato da un’ombra tenebrosa, nessuno ne parla e nessuno ne sa, così si accende la televisione e si ritorna a cliccare sul solito canale calcistico.

*Studentessa di 17 anni del liceo classico Carducci di Viareggio (Lucca)
 

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