Territori fragili, in Toscana situazioni preoccupante: le zone a rischio per frane e alluvioni. E i fondi vengono tagliati
Secondo l’Irpet un milione e mezzo di cittadini vivono in zone a rischio
La Toscana è la prima in Italia per estensione delle superfici a rischio frane elevato o molto elevato, con oltre 3.700 chilometri quadrati di territorio esposto. C'è una regione fragilissima che rischia seriamente di sbriciolarsi di fronte alle sempre più frequenti piogge torrenziali e violente conseguenze anche del cambiamento climatico. E sconosciuta ai più, forse anche a chi vi abita: sono circa 1,5 milioni, infatti, i toscani che vivono in territori a rischio e anche questo è quasi un record perché fra le regioni d'Italia, solo la Campania ne conta di più (2,9 milioni).
Beninteso, conta anche il cosiddetto “effetto Sarno”, il comune del salernitano che si sgretolò travolto da un movimento franoso nel maggio 1998 (invero insieme a quelli di Quindici, Siano, Bracigliano e San Felice a Cancello), causando 160 vittime. Una tragedia che ha rappresentato anche l'anno zero, almeno in Italia, per il monitoraggio dal rischio frane: dopo di allora, infatti, è divenuto legge e obbligatorio, ma non tutti lo hanno fatto con la stessa perizia. «E il risultato è che i “più bravi”, ossia coloro che lo hanno fatto meglio, si sono ritrovati primi in classifica», sostengono in tanti. Cambia poco nella sostanza.
“I territori fragili in Toscana”, il report che l'Irpet ha dedicato al rischio idrogeologico nel territorio regionale, disegna un quadro che rimane allarmante. In generale e, soprattutto, con riferimento a frane e valanghe. Il rischio, infatti, aumenta al crescere dell'urbanizzazione e anche sotto questo profilo, purtroppo, la Toscana sale sul podio: con 62mila edifici presenti in aree a rischio, infatti, è di nuovo al secondo posto a livello nazionale, ancora alle spalle della Campania (85mila immobili), ma davanti a Emilia Romagna (53mila), Sicilia e Piemonte (entrambe 47mila).
«Questo risultato – evidenziano, al riguardo, i ricercatori dell'Istituto regionale di programmazione economica – sottolinea come le aree a rischio frana siano in genere fortemente antropizzate, motivo per cui si pone un problema urgente di messa in sicurezza di persone e attività economiche».
Le zone più a rischio
Nel dettaglio sono le province della Toscana meridionale quelle maggiormente interessate dal pericolo di frane. In primo luogo Grosseto, la più a rischio in assoluto, con 861 chilometri quadrati di territorio potenzialmente esposto. Anche più di quella di Firenze, al secondo posto con 735 km quadrati. Poi Siena (602), Lucca (468) e Arezzo (357). La meno insicura? Prato con appena 24 chilometri quadrati. Ma è anche quella dalle dimensioni più limitate.
Un quarto del territorio a rischio tra frane e idrogeologico
Tuttavia è pure il rischio idrogeologico complessivo del territorio regionale preoccupare gli studiosi dell'Irpet. Perché la Toscana è fra le dieci regioni d'Italia in cui non vi è nemmeno un comune che sia immune da pericoli: tutti sono interessati da almeno un’area a pericolosità da frana di livello P3 e P4 o idraulica di categoria P2, in entrambe i casi i livelli più elevati di rischio. Vero che la stesso accade anche in Valle d'Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria. Praticamente quasi mezza Italia è nella medesima situazione, ma in questi casi mal comune non è mai mezzo gaudio. A maggior ragione, poi, se si considera che, per quanto riguarda la Toscana, se alle aree P3 e P4, le più elevate per il rischio frane si aggiungono quelle di categoria P2 per il pericolo idrogeologico, si arriva al 26% della superficie regionale. Vuol dire che più di un quarto dell'intero territorio toscano è a rischio. Vero che in Emilia Romagna si arriva al 60% e in Valle d'Aosta, addirittura, al 83%. Ma tutte le altre regioni sono al di sotto. Servono interventi e investimenti, dunque. Anche urgenti.
Si spiega pure così il fatto che il governatore della Toscana, Eugenio Giani, ieri mattina durante la presentazione della proposta di Bilancio, ha voluto sottolineare i «45 milioni di euro destinati alla protezione civile e alla difesa del suolo, inclusi i quattro milioni per le famiglie alluvionate negli eventi di settembre e ottobre scorsi in Val di Cornia, in Val d’Elsa e le altre aree rientrati nelle quattro dichiarazioni di stato di emergenza». Risorse che vanno ad aggiungersi agli oltre 600 milioni destinati agli interventi in corso per la difesa del suolo e ai 99 milioni (60 dei quali provenienti da risorse Pnrr) per i territori toscani che hanno vissuto un evento oggetto di emergenza nazionale.
E i fondi diminuiscono
Fondi, d'altronde, ne servono e pure tanti. Anche perché, il paradosso è che in Toscana, la prima regione d'Italia per estensione dei territori a rischio frane, fra il 2000 e il 2020, i finanziamenti per la riduzione del dissesto idrogeologico, la conservazione del suolo e la protezione del paesaggio «messi in campo dai Comuni, i principali responsabili degli interventi ambientali, sono diminuiti del 37%», certifica l'Irpet.
Il motivo? «L'andamento degli investimenti pubblici ha seguito, in molte regioni, un andamento decrescente a partire dal biennio 2008-2010, a causa della crisi economica e finanziaria e dalle successive politiche di contrazione della spesa pubblica». l