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La storia

Viareggio, il piccolo Lucio nasce nell’anniversario del dolore. Vent’anni fa suo zio morì sul lavoro: «Ci ha ridato il sorriso»

di Gabriele Buffoni

	A sinistra Matteo Valenti, a destra il piccolo Lucio con mamma e papà
A sinistra Matteo Valenti, a destra il piccolo Lucio con mamma e papà

La famiglia: «Il termine scadeva tra qualche giorno: un segno dopo tanta sofferenza e adesso questa giornata ha un significato diverso»

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VIAREGGIO. Il vagito di un neonato capace di dare un nuovo volto al dolore, stravolgendolo definitivamente. Lucio Maria Valenti è venuto al mondo martedì sera – 12 novembre 2024 – all’ospedale Versilia di Lido di Camaiore, una manciata di minuti prima delle 21,30. Lui ancora non lo sa, ma con questo semplice atto è stato capace di ribaltare tutto. Non solo la vita di mamma Stefania e babbo Giacomo, ma anche quello che da vent’anni a questa parte sembrava essere l’ordine costituito delle cose. Una routine fatta di lutto, sofferenza e ricordo. Di «battaglie contro i mulini a vento», come le ha definite la neo-nonna Gloria Puccetti.

La data

Perché per quello che può sembrare uno scherzo del destino – o, per chi crede in una qualche forza superiore, un disegno ben congegnato, un contrappasso virtuoso – Lucio è nato nello stesso giorno in cui suo zio Matteo Valenti, vent’anni fa, ha esalato l’ultimo respiro. Morto a 23 anni, vittima di un incidente sul lavoro che ha lasciato una ferita profonda e mai rimarginata nel cuore di Viareggio. Da allora il 12 novembre è rimasta una data impressa a fuoco nella memoria dei viareggini, una ricorrenza in cui condividere il dolore per un figlio della città del Carnevale scomparso in modo atroce e ingiusto. E di cui solo Lucio, con l’inconsapevole potenza del suo atto di nascere proprio quel giorno, ha potuto ribaltare il significato.

La tragedia

Quella di Matteo Valenti è stata una morte straziante, avvenuta dopo quattro giorni di agonia al centro grandi ustionati di Sanpierdarena, a Genova. Una tragedia che ha lasciato il segno, dilaniando la famiglia Valenti (oltre alla mamma Gloria Puccetti anche il babbo Lirio, ex asso della locale squadra di hockey su pista, e il fratello Giacomo che all’epoca aveva solo 17 anni) e l’intera città. Dolore e rabbia hanno dato vita così al coordinamento nazionale “Noi non dimentichiamo” (presieduto proprio dalla madre di Matteo) che ancora oggi porta avanti una strenua battaglia per garantire maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro in memoria di quanto accaduto vent’anni fa. Era la mattina dell’8 novembre 2004. Matteo Valenti stava lavorando in un capannone della Mobiliol, impresa specializzata nella produzione di cera, lucidi e insetticidi alla periferia di Viareggio. A un tratto l’esplosione. Le fiamme che avvolgono il corpo del 23enne, ustionandolo nella sua quasi totalità. I soccorsi disperati, la corsa al pronto soccorso dell’ospedale Versilia, le poche speranze di salvarlo concentrate nel trasferimento d’urgenza al centro specializzato dell’ospedale di Sanpierdarena. Le ore febbrili diventano giorni di sofferenza, segnati dalla processione continua di amici e parenti che fanno la spola tra Genova e la casa della famiglia Valenti, nel quartiere dell’ex Campo d’Aviazione a Viareggio. Infine il 12 novembre: le condizioni di Matteo, troppo gravi per riuscire a salvarlo, non gli lasciano scampo e il cuore di quel ragazzone amato da tutti si ferma.

Vent’anni di dolore

Il dramma della sua scomparsa riverbera in tutta Viareggio come il suono di un eterna grancassa destinato a non scemare mai. Rinnovato anno dopo anno dalle celebrazioni in suo nome, dal torneo estivo di calcio sulla spiaggia (che oggi attira campioni di livello internazionale) alla fondazione della squadra viareggina di beach soccer e alla realizzazione del beach stadium “Valenti”. E poi la statua sul lungocanale che la città gli ha dedicato, intorno alla quale di anno in anno amici e parenti si stringono in un commosso tributo alla sua storia. «È quello che ci ha tenuto in vita – racconta la madre Gloria Puccetti – in quel momento non volevamo più vivere, ma quello che hanno realizzato gli amici e la città ci ha sostenuto. Anche quando, chiedendo giustizia, abbiamo ricevuto indietro nient’altro che un patteggiamento da parte del titolare della ditta dove lavorava a una pena di soli 18 mesi e un risarcimento».

Mamma Gloria in questi vent’anni si è spesa battagliando nelle piazze – anche in modo eclatante, come quando ingaggiò un modello e inscenò la crocefissione di un operaio per denunciare le morti sul lavoro – e portando avanti un’opera di sensibilizzazione importante nelle scuole. «Ma alla fine non è cambiato niente – commenta – anzi le condizioni dei lavoratori sono addirittura peggiorate». Una consapevolezza amara, che l’ha spinta a smettere di farsi paladina di una guerra «che non siamo riusciti a vincere – dichiara – la politica e le istituzioni ci hanno sempre applaudito, hanno pianto con noi. E poi sono rimaste immobili».

Il miracolo della vita

Anche martedì sera, sul lungocanale “Matteo Valenti” in Darsena a Viareggio, gli amici di sempre si sono riuniti per ricordare il 23enne scomparso nel 2004. Ma per la prima volta la famiglia era assente: mamma Gloria è arrivata a fare un saluto, poi è tornata di corsa in ospedale. Dove proprio in quei minuti si stava compiendo il miracolo capace di stravolgere per sempre il senso di una giornata fino ad allora impregnata di sofferenza.

«Non era programmato per il 12, il termine per il parto scadeva tra alcuni giorni. Ma evidentemente qualcuno ha voluto metterci lo zampino – commenta emozionato Giacomo Valenti – quando ho visto per la prima volta mio figlio non ho potuto che pensare a Matteo, a questo numero 12 che mi rincorre da una vita intera dato che pure io sono nato il 12 luglio. Non so a cosa credere, se sia stato un caso o se esista un destino particolare. Personalmente lo vedo come un segno – racconta – dopo tanta sofferenza, questo bimbo ci ha permesso di dare un nuovo senso a una giornata che per noi è sempre stata legata a un ricordo di sofferenza, a un dolore che per tanto tempo ci ha offuscato la mente impedendoci di andare avanti con le nostre vite, di concentrarci su quello che ci capitava intorno. Ora con Lucio è come se si fosse chiuso un cerchio, come se la vita che ci ha tolto Matteo così presto ci avesse voluto restituire qualcosa per tornare a riassaporare la felicità – commenta – di sicuro questo bambino cambia tutto, ha cancellato il dolore e ha lasciato solo il ricordo, perché quello non lo perderemo mai. Proprio per questo – conclude Giacomo Valenti –posso solo ringraziare quanti, mentre noi eravamo ad attendere Lucio, erano sul lungocanale a omaggiare mio fratello». 

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