Il Tirreno

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Subbiano

Tomba rimossa, giornalista Rai non trova più le spoglie del padre: il caso nell’Aretino

di Francesca Ferri

	La tomba prima dell’esumazione
La tomba prima dell’esumazione

Esumazione ordinaria, ma annunciata solo con un foglio al cimitero. La famiglia vive lontano: «Nessuno ci ha avvisati»

28 ottobre 2024
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AREZZO. Arrivare al cimitero, con un fiore da lasciare sulla tomba del proprio padre, e trovare un campo di terra lavorata. Non più lapide, né foto, né croce. Esumato senza che la famiglia ne fosse informata. E, più straziare, sapere che le sue spoglie mortali sono state buttate in un ossario comune, insieme a quelle di perfetti sconosciuti, senza possibilità di poterle recuperare. Come se di lui non interessasse più niente ai vivi. Come se i vivi non avessero diritto a una tomba su cui piangerlo. La vicenda capitata alla famiglia Celani nell’Aretino è un pugno allo stomaco.

A raccontarla è Linda Celani, giornalista Rai. Suo padre, Raffaele Celani, nel 2006 è stato inumato nella nuda terra al camposanto di Subbiano. «Io e i miei fratelli – racconta Linda – abitiamo a Roma e torniamo al cimitero due volte l’anno. L’ultima volta, il 10 agosto, uno dei miei fratelli non ha trovato più la tomba. Abbiamo chiesto spiegazioni e l’addetto cimiteriale ci ha detto che erano state fatte le esumazioni, e probabilmente le spoglie erano state messe nell’ossario comune».

Che, dopo 10 anni, si sarebbero dovuti esumare i resti, la famiglia lo sapeva, tanto che, quando anni prima era stato spostato uno zio, la famiglia era stata avvisata. Stavolta no. Come è possibile fare un’operazione così delicata, e con fortissime implicazioni emotive, senza avvisare la famiglia? Linda Celani, con il cuore spezzato, lo ha chiesto alla sindaca Ilaria Mattesini, alla quale ha scritto un’email il 22 agosto: «Non posso credere che non sia stata conservata una cassettina con le sue spoglie mortali, la sua foto, il suo nome incisi sul marmo, la statua di Gesù benedicente ch avevamo messo sulla tomba. È finito tutto in una discarica? Tutto buttato senza misericordia né rispetto per lui e per noi?». La risposta, dopo 15 giorni, sono due pagine di burocratichese, con rimandi a regolamenti, norme, ordinanze, date. Nessuna scusa. Perché, dice in sostanza la sindaca, l’avviso di esumazione è stato pubblicato «nella bacheca collocata all’ingresso principale del cimitero dandone così una maggiore diffusione e visibilità».

E poi perché non è stato possibile rintracciare i familiari, dato che l’Anagrafe nazionale della popolazione residente, in vigore dal 2018, non consente a un Comune di estrapolare i dati di chi, a quella data, risiedeva in un altro comune, come nel caso del signor Celani. Insomma, nell’epoca delle comunicazioni digitali, dei big data, dell’interconnessione planetaria, un foglio in una bacheca di un cimitero periferico è considerato sufficiente per avvisare che si stanno per esumare le spoglie di un genitore. E pace se del numero telefonico già usato per comunicare l’esumazione dello zio si è persa traccia. «Se trattano così i morti, mi chiedo come possano amministrare bene i vivi», chiude con amarezza Linda Celani. 

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