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Stipendi degli insegnanti, il supplente: «Ecco la mia busta paga. I sacrifici? Ve li racconto»

di Sara Venchiarutti

	L'insegnante e il suo stipendio
L'insegnante e il suo stipendio

Luigi Sofia insegna a Montopoli Val D’Arno: «80 minuti d’auto ogni giorno e 250 euro di benzina»

12 ottobre 2024
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PISA. Luigi Sofia risponde al telefono mentre è appena sceso dalla macchina. È reduce da quei 40 minuti che ogni mattina deve fare da Pisa per andare a insegnare nell’istituto che l’Ufficio scolastico gli ha assegnato quest’anno, il comprensivo “Galileo Galilei” a Montopoli Val D’Arno. E ovviamente per tornare poi a casa.

L’anno scorso era a Santa Croce, più o meno lo stesso tragitto in termini di tempo. «Adesso in totale spendo circa 250 euro di benzina al mese tra andata e ritorno», fa un rapido calcolo Sofia, che ha 31 anni e una supplenza annuale fino al 30 giugno.

Il conteggio, si badi bene, non è casuale. Perché anche i costi dei trasporti incidono non poco sugli stipendi dei docenti. Che sì, ammette Sofia, «sono bassi e portano a condurre una vita sacrificata, non altezza degli sforzi con cui avevamo iniziato gli studi. Di sicuro avevamo altre aspettative», sottolinea. Ma quei salari non «sono nemmeno all’altezza delle esigenze quotidiane», aggiunge Sofia.

E così le vacanze d’estate si riescono a fare, certo, ma per meno giorni e rigorosamente spulciando tutti i voli low cost. Andare una sera a cena fuori, una serata al cinema: «Bisogna fare attenzione a tutto perché una buona metà della retribuzione, se non di più, se ne va per pagare i bisogni primari», assicura Sofia.

Sta scorrendo uno degli ultimi cedolini: si riferisce al mese di giugno scorso. Togliendo tasse, imposte, trattenute e cose varie si arriva a 1.596 euro netti. Qualche centesimo in più.

Qui dentro ci devono entrare per forza le spese per i trasporti, appunto. Soprattutto se, come Sofia, sei un precario con un contratto annuale e quindi «è molto probabile ritrovarsi a lavorare in scuole lontano da casa. E in paesi in cui spesso – aggiunge Sofia – la stazione ferroviaria è difficile da raggiungere, o è comunque scomoda. Usare la macchina diventa quindi una necessità. E più usi l’auto, più devi mettere in conto i costi manutentivi. A me, ad esempio, recentemente si è bucata una ruota, che ho dovuto cambiare».

All’appello metaforico manca la voce che incide maggiormente, e cioè l’affitto. «Per un bilocale – prosegue – pago 550 euro, a cui vanno aggiunte le spese e le bollette». E qui, parlando di canoni di locazione, entra in gioco anche un altro aspetto che penalizza i docenti precari, che pure non sono pochi nel mondo della scuola.

«Se sei precario – spiega Sofia – l’affitto diventa una condanna per tutta la vita. Se anche volessi comprare casa con un mutuo, magari pagando meno del canone mensile dell’affitto, è impossibile con un contratto a tempo determinato».

E ora dal punto di vista dello stipendio va pure meglio. Prima, quando Sofia faceva le supplenze brevi, «lo stipendio arrivava anche con tre mesi di ritardo». E gli importi erano anche più bassi, tra i 1. 300 e i 1. 400 euro. «Per due anni – spiega Sofia – mi hanno tolto 150 euro al mese perché la voce “retribuzione professionale docente” manca all’interno delle buste paga dei supplenti brevi. Ho fatto ricorso per vedermela riconoscere, e sto aspettando l’esito».

E nella lista delle spese da sostenere non abbiamo ancora messo quelle relative all’aggiornamento professionale. Corsi, libri, materiali. «Anche qui c’è un discrimine con i precari, che non hanno accesso al bonus da 500 euro per i docenti dedicato proprio all’acquisto di questi oggetti (la carta del docente, ndr) », sottolinea Sofia.

Ma per fare un discorso più generale sì, lo stipendio mensile è inadeguato in Italia. «Altrove – sottolinea Sofia – è molto più alto. Il nostro è un lavoro di grande responsabilità e gli va dato il giusto riconoscimento, smontando il falso mito degli insegnanti che lavorano poco. Non è vero: siamo oberati di burocrazia, c’è il lavoro da portare a casa tutti i giorni, la programmazione, come è giusto che sia. Tutto lavoro che non è conteggiato nella busta paga e che conosciamo soltanto noi». Togliendo le riunioni pomeridiane, i consigli di classe e così via. «Ci chiedono tutti i sacrifici possibili, ma non abbiamo una gratificazione», sintetizza. Eppure «no, non cambierei mai questo lavoro per nulla al mondo».


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