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Pronto soccorso, è fuga dalle scuole di specializzazione. Tengono dermatologia o cardiologia: c’è un motivo

di Francesca Ferri
Pronto soccorso, è fuga dalle scuole di specializzazione. Tengono dermatologia o cardiologia: c’è un motivo

Sempre meno iscritti all’emergenza urgenza. Il rettore di Siena: si predilige la carriera privata

11 ottobre 2024
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L’effetto "George Clooney" in camice bianco impegnato a salvare vite nel pronto soccorso della serie "ER" non fa più presa.

Sempre meno laureati in Medicina scelgono di diventare medici di pronto soccorso. E anche altre specializzazioni, come radioterapia, igiene, anatomopatologia, sono sempre più disertate dagli specializzandi, coloro, cioè, che si sono laureati in Medicina e si avviano a perfezionarsi per diventare medici.

Il ministero della Salute, insieme al ministero dell’Università, sta studiando un piano per incentivare le iscrizioni che prevede un mini aumento della borsa di studio del 5%; intorno ai 60-100 euro (la borsa di studio di 1.500-1.650 euro). E giovedì il tema è approdato anche alla commissione Sanità del Consiglio regionale della Toscana, portato dai rappresentanti dell’Anaao Assomed. Ma sono mesi che è allarme per la fuga da alcune discipline.

In particolare, preoccupano i posti rimasti scoperti nella specializzazione di emergenza urgenza, quella che forma i futuri medici di pronto soccorso. Se mancano specializzandi, in futuro mancheranno i medici. E nel frattempo c’è anche un danno delle finanze pubbliche, perché le borse di studio stanziate non vengono erogate.

Secondo i dati disponibili ad oggi delle immatricolazioni (fonte Sole 24 Ore), quest’anno a livello nazionale il 25% dei 15.256 contratti di specializzazione messi a bando non è stato coperto. Si arriva al 50% dei posti scoperti per il corso di chirurgia generale o toracica, al 70% per la medicina d’emergenza, addirittura all’82% per la radioterapia.

In Toscana al momento la situazione nei tre atenei non si discosta da quella nazionale. Per l’emergenza urgenza all’università di Firenze solo il 35% delle borse di studio è stato assegnato; all’università di Pisa sono state assegnate 7 borse delle 29 disponibili (l’anno scorso sono state 10 su 25); all’università di Siena nessuna (l’anno scorso 2 su 31).

Il trend non è nuovo. Secondi i dati forniti dall’Anvur, Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, anche lo scorso anno nell’emergenza urgenza sono stati coperti molti meno posti di quelli disponibili: 7 su 43 a Firenze, 10 su 25 a Pisa, 2 su 31 a Siena. Sei anni prima le percentuali di copertura erano ben maggiori. Ma soffre anche l’anatomia patologica (che forma coloro che fanno le diagnosi analizzando campioni di tessuti) e la radioterapia (che cura i tumori con le radiazioni).

Continuano invece ad attirare un gran numero di neolaureati le specializzazioni per diventare dermatologo o cardiologo. Professioni che - secondo alcuni osservatori - sono più appetibili perché permettono di lavorare anche nel privato. «Viviamo in mondo ipercompetitivo, dove domina l’idea che si possano fare specializzazioni che non hanno ritorno in termini di soldi e successo sociale», spiega il rettore dell’Università di Siena, Roberto La Pietra. Tra le motivazioni di tanta disaffezione, il rettore individua in particolare quella economica.

«Alcune specializzazioni - dettaglia - hanno come sbocco professionale solo la sanità pubblica, e i pronto soccorso ci sono solo nella sanità pubblica. Non c’è uno sbocco nella libera professione. In più l’emergenza urgenza non è percepita come un luogo tranquillo: chi ci va rischia di prendere qualche "sganassone", ci sono i ricorsi dei parenti... C’è un livello di violenza nei pronto soccorso che fa paura. E il livello del rischio per chi sceglie questa professione è molto elevato».

Un quadro che non rincuora. «Come università - prosegue La Pietra - abbiamo più volte sollecitato il ministero a incentivare alcune scuole di specializzazione, ad esempio con una copertura assicurativa gratuita per gli specializzandi. Abbiamo scritto, come rettori, diversi mesi fa al ministero della Salute; il Consiglio superiore della sanità ha fatto lo stesso».

Il rettore difende comunque i numeri della sua università: «Sembra che a Siena tutte le 34 scuole di specializzazione siano andate deserte ma non è così. Al di là del dato secco, non è un primato di Siena. A Verona, che è un ateneo più grande di quello senese, c’era un solo iscritto. Ancora è presto per fare il punto perché ci sono gli scorrimenti: ognuno indica quattro sedi, quindi magari una delle nostre scuole di specializzazione sarà la seconda scelta. Solo a metà novembre si potrà avere un quadro chiaro».

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