Gli insegnanti toscani sono i più poveri d'Europa: dove si guadagna di più e il "trucco" dei precari
Proclamato lo stato di agitazione della categoria, si va verso lo sciopero. Il sindacato: «In Italia salari bassi e fermi. E con la precarietà guadagna lo Stato»
Un tempo erano gli unici detentori dell’apprendimento. Oggi sono fiaccati da un sistema che non li gratifica più e che non riconosce loro il ruolo centrale di formatori, costretti a una mole di lavoro sempre più pesante e che richiede, di contro, una maggiore formazione. E la consolazione, per gli insegnanti toscani, non sta neppure in quel bonifico che ricevono una volta al mese. Lo dice l’ultimo rapporto Ocse “Education at a Glance 2024” dove si mettono a confronto gli stipendi dei docenti dei Paesi membri. Il risultato? Gli insegnanti italiani sono il fanalino di coda. Pasquale Cuomo è il segretario generale della Flc Cgil della Toscana e spiega che il sindacato dice no al rinnovo del contratto di lavoro 2022-2024. «Non a queste condizioni: lo stanziamento previsto dal governo è del 5,78% a fronte dell’inflazione Ipca che si attesta al 17,3%», precisa. E Cuomo, calcolatrice alla mano, snocciola i numeri. «Per ogni insegnante, l’aumento sarebbe in media di circa 137 euro lordi – sottolinea – . E poiché metà dei 3 miliardi di euro annunciati dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, sono stati in parte già anticipati a fine 2023, l’aumento effettivo in busta paga sarebbe di circa 70 euro lordi che significa 40-50 euro netti in media. Una cifra ridicola».
La mappa
Il salario medio degli insegnanti italiani è fermo a una media di 31.950 euro lordi nel 2019. E la differenza retributiva è particolarmente evidente se confrontata con il trend tedesco che ha visto un costante aumento degli stipendi nel corso degli anni: la Germania si conferma infatti al primo posto con una retribuzione media annua di circa 47.250 euro nel 2019, seguita dalla media Ocse di 42.300. Francia e Spagna, pur presentando stipendi inferiori, mostrano comunque una certa stabilità: 37.080 euro e 33.030 euro rispettivamente nel 2019. In pratica, un insegnante italiano riscuote in media poco più di 2mila euro lordi contro gli oltre 5mila dei colleghi tedeschi e i 3mila dei francesi. E a poco serve – precisa Cuomo – l’elemento aggiuntivo (perequativo) che sullo stipendio vale tra i 3 ed i 19 euro al mese in più.
Verso lo sciopero
Nei giorni scorsi, la Flc Cgil ha proclamato lo stato d’agitazione chiedendo al governo risorse adeguate per mantenere il potere d’acquisto delle retribuzioni rispetto all’inflazione del triennio 2022-2024. «E andremo verso lo sciopero generale perché si tratta di aumenti insignificanti – sottolinea Cuomo – . A fine 2023 fu riconosciuto ai docenti un incremento dell’indennità di vacanza contrattuale come anticipazione a valere sul 2024 degli aumenti per il rinnovo del contratto collettivo nazionale 2022-2024. A questo scopo furono stanziati nell’immediato, con un apposito decreto, 2 miliardi di euro».
Il nodo dei precari
C’è poi l’aspetto dei precari. «Il ricorso alla precarietà è un guadagno per lo Stato ed è anche per questo che, a mio avviso, si stenta a risolvere questa piaga – spiega il sindacalista – . I precari non progrediscono mai sul fronte degli scatti di anzianità e, una volta concluso l’anno scolastico, gli insegnanti ripartono dal livello base. Ogni volta, infatti, c’è la cessazione del rapporto di lavoro e poi vanno in disoccupazione. Tradotto: lo Stato risparmia almeno due mesi e mezzo, sia sui contributi sociali che sul Tfr. E rimangono sempre alla paga base».
Fine carriera
E se subito dopo l’immissione in ruolo il divario si fa notare un po’ meno, è a fine carriera, con gli scatti di anzianità, che assume per i sindacati «connotati intollerabili con i docenti che al massimo, nella scuola secondaria di secondo grado, arrivano a percepire in media poco più di 40mila euro all’anno: insomma, rimaniamo molto indietro ai 48.876 euro della Spagna, ai 55.497 euro del Portogallo, ai 60.947 euro dell’Austria, a cifre ancora maggiori percepite in Germania, ma soprattutto ai Paesi nordici dove un docente nell’arco di un anno prende anche 100mila euro».
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