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Prada raddoppia a Piancastagnaio. L’Amiata sempre più capitale della moda: i motivi di un boom produttivo “miracoloso”

di Massimiliano Frascino
Prada raddoppia a Piancastagnaio. L’Amiata sempre più capitale della moda: i motivi di un boom produttivo “miracoloso”

Il sindaco Luigi Vagaggini: «C’è però un timore, che l’intero territorio dipenda da una monocultura produttiva, ci siamo già passati con le miniere»

02 febbraio 2024
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È cominciato tutto grazie all’intraprendenza di don Zelio Vagaggini, che negli anni ’60, di fronte alla crisi occupazionale per la chiusura delle miniere di mercurio, pensò bene di portare un gruppo di giovani amiatini a Firenze per imparare l’arte della pelletteria. Da questa intuizione nacque un gruppo di piccoli artigiani specializzati nella lavorazione del cuoio per borse, cinture e accessori vari, che a Piancastagnaio e Abbadia San Salvatore – versante senese dell’Amiata – ha fatto da brodo di coltura all’incredibile sviluppo dell’industria pellettiera degli ultimi anni. Col ritorno in Italia dei grandi marchi della moda iniziato qualche anno prima del Covid, il bisogno di manodopera qualificata ha fatto riscoprire questo lembo di Toscana a tutte le maison di pelletteria di alta gamma.

Tanto che oggi ci sono almeno 2.000 addetti specializzati in questo comparto produttivo che lavorano nell’area, attrattiva di lavoratori dalle zone circostanti dell’Amiata grossetana, ma anche da Viterbo, Valentano, Acquapendente, Sorano e Pitigliano. Con marchi del calibro di Prada, Luis Vuitton, Gucci, Lvmh, Celine, Fendi o Bulgari che hanno investito direttamente il loco realizzando ex novo impianti di produzione da 200-300 addetti, oppure rivolgendosi agli artigiani contoterzisti. «È stato un boom produttivo che ha del miracoloso per la velocità con cui si è manifestato – spiega Fabio Seggiani, segretario della Cgil di Siena e amiatino – Qui la specializzazione produttiva è nella realizzazione di borse e borselli, con prodotto finito e parziale, oppure nella subfornitura per tinteggiatura e taglio. Rispetto al periodo d’oro dei piccoli artigiani, ora a due terzi delle persone impiegate viene applicato il contratto dell’industria, e questo ha comportato un miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Nel quinquennio 2018-2023 il processo di industrializzazione è stato particolarmente accelerato e ha cambiato i connotati del tessuto economico locale, che in assenza di manodopera ha cominciato ad assorbirne dalle zone limitrofe, attirando anche molti lavoratori stranieri».

Il processo di semina imprenditoriale nel comparto pellettiero è però andato così avanti da generare qualche preoccupazione, perché le pelletterie stanno assorbendo tutta la manodopera del territorio, con altri comparti che fanno una grandissima fatica a reperire personale. «Gli occupati sono in crescita costante – spiega il sindaco di Piancastagnaio, Luigi Vagaggini – e la nostra scuola di pelletteria che dà una formazione di base, ma organizza anche master di specializzazione, è un punto di riferimento per le aziende. C’è però il timore che l’intero territorio dipenda da una monocultura produttiva: ci siamo già passati con le miniere, e conosciamo i rischi che si corrono. Per questo motivo puntiamo anche su geotermia, investimenti ambientali e sviluppo del turismo attraverso l’offerta culturale. Grazie al teleriscaldamento stiamo riqualificando il patrimonio edilizio del paese, e a breve partiranno lavori per 11 milioni di euro finanziati con il Pnrr».

A Piancastagnaio, a ogni modo, il Gruppo Prada ha già rilevato dei terreni sui quali è intenzionato a realizzare un polo produttivo della pelletteria d’avanguardia, caratterizzato da un’elevata sostenibilità ambientale. Struttura che dovrebbe accogliere qualche centinaio di lavoratori. Paradossalmente oggi, in seguito all’apertura di nuovi opifici da parte dei grandi marchi dove lavorano dalle 200 alle 350 persone, quelli più in difficoltà sono gli artigiani, che hanno reso attrattiva quest’area dell’Amiata grazie alle loro competenze. «In questa fase – spiega Lauro Simonetti, responsabile per la pelletteria di Cna Siena – il comparto risente della crisi economica globale e della precarietà dei mercati che fluttuano. Le aziende artigianali, nel frattempo, sono diminuite di numero ma è aumentata la media degli addetti impiegati, che oggi sono come minimo 15 persone. Il problema è la concorrenza del contratto dell’industria che garantisce un centinaio di euro in più rispetto a quello artigiano, per cui le piccole aziende soffrono la competitività dei grandi gruppi». 


 

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