Nel film “Colibrì” si parla pistoiese con il padre Probo: a interpretare il personaggio è Sergio Albelli
PISTOIA. Nel Colibrì, film diretto da Francesca Archibugi - campione d’incassi al botteghino - e tratto dal romanzo premio strega di Sandro Veronesi, dona carattere a Probo, padre del protagonista Marco Carrera interpretato da Pierfrancesco Favino, che “gattopardianamente” mena le ali per restare lì dov’è. Una passività agli antipodi del percorso artistico di Sergio Albelli, originario di Pistoia e cresciuto a Ponte di Serravalle, attore eclettico dalla lunga gavetta nel teatro per poi approdare a grande e piccolo schermo. È anche “il Prof” nel thriller “Io sono l’abisso”, attualmente nelle sale, interamente firmato Donato Carrisi. «Il Colibrì ha il pregio di surfare e raccontare tanti avvenimenti senza mai perdersi - commenta Albelli - né dimenticarsi di arrivare al climax finale.». Da quando giovanissimo negli anni Ottanta sbocciò nel gruppo arte drammatica città di Pistoia, ne è passata d’acqua sotto i ponti.
«Grazie anche a quell’esperienza entrai al teatro stabile di Genova. Per dieci anni ho fatto solo teatro, stringendo un sodalizio importante con la regista Cristina Pezzoli (direttrice per molti anni del Teatro Manzoni di Pistoia, ndr) - ripercorre le porte girevoli della sua carriera -. M’innamorai del cinema nel 2000 sul set americano di “Il mandolino del capitano Corelli”, seppur con un ruolo marginale condivisi le riprese con Penelope Cruz, Nicolas Cage, Christian Bale. Da lì ho cominciato a fare più cinema e tv». Eccolo infatti nella serie “Carabinieri”, dove anche se per sole due stagioni il suo Sandro Gigante gli rimane addosso. Lavora col suo mito Spike Lee in “Miracolo a Sant’Anna”, dove conosce Favino, le collaborazioni intense con Paolo Virzì (“La prima cosa bella” ma anche a teatro), Niccolò Ammaniti (Il miracolo e Anna), si lega al progetto tv “La bambina che non voleva cantare” su Nada. Un fiume in piena di esperienze in scena, iniziate lasciando il nido pistoiese. «Abito a Roma dal ‘93, però tra Pistoia e Montecatini conservo le radici e tutta la mia famiglia. Ho deciso di andare via presto ed ero contento di averlo fatto, dopo anni ho capito quanto fosse bello tornare a casa. Rivedere la realtà che avevo lasciato con gli occhi di un migrante che torna». Ma l’attore ha anche un messaggio pronto per tutti i giovani che aspirano a seguire le sue orme. «Fare bene l’attore è difficile e bello come prima - premette -. È cambiato l’accesso a questo mestiere, con i social e i talent sembra più facile, le chimere del successo e della fama attirano. Ma fare questo lavoro per essere ricco e famoso è sbagliato, non che non sia giusto e bello avere successo, ma se quello è il fine è sbagliato perché ti conduce ad amarezze. Se tu hai bisogno di esprimerti recitando allora va bene. Consiglio di studiare e non avere fretta, la miglior cosa è vivere intensamente, è lì che c’è tutto il materiale».