Alluvione in Toscana, alleanza degli agricoltori di Pisa e Livorno: «Campagne allagate, la Regione paghi»
Assemblea di 40 titolari di aziende del Pisano e del Livornese lungo lo Scolmatore: «Interi raccolti distrutti e campi non più utilizzabili: la Regione deve risarcire»
PISA. Oltre cinquecento sono stati gli ettari alluvionati in seguito all’ultimo intenso evento meteo di venerdì 14 marzo nel solo comprensorio di Collesalvetti. Una stima che sale vertiginosamente se si allarga il campo alle zone limitrofe anch’esse interessate dall’apertura delle cateratte dello Scolmatore: da Navacchio a Cascina a Ponsacco. I numeri crescono, secondo i rilevamenti di Confagricoltura, fino a raggiungere quota 2.000 ettari. Di cui circa 1.200 con le colture che sono da considerarsi virtualmente perdute: troppi giorni sott’acqua, niente più ossigeno, tanto lavoro per nulla, le aziende (più d’una a conduzione familiare) in ginocchio.
Oltre quaranta titolari di aziende agricole si sono trovati per discutere la situazione e il da farsi, nella sala che spesso la Frescobaldi in località Mortaiolo mette a disposizione.
«Foraggi, grani, patate, girasoli in quantità industriale non saranno raccolti in terreni sempre più esposti a determinati fattori e rischi», è stato il grido di allarme. «O si smette – si sono sfogati alcuni –, o si prendono una volta per tutte provvedimenti seri. Intanto, chi paga le fatture in scadenza? E quali risorse restano per andare avanti nella vita quotidiana?».
Il messaggio è chiaro: nessun dubbio sulla necessità di salvare Pisa dalla piena, ma aver scelto il minore dei mali, allagare cioè le campagne, non può pesare sulle spalle di chi lavora.
Aziende agricole pisane e livornesi ora sono alleate. Dopo la riunione, la decisione dalla quale non si torna indietro: questa mattina, l’ufficio legale di Confagricoltura Pisa-Livorno-Grosseto, si metterà in moto preparando una diffida alla Regione Toscana per chiedere i danni. La conferma arriva dal direttore Paolo Rossi: «Ci sono situazioni di grave difficoltà che riguardano il reticolo idraulico e l’escavo dei fossi. Ed è emerso che all’apertura delle cateratte dello Scolmatore, tutto si è riversato nelle campagne. Gli agricoltori sono fortemente arrabbiati, perché aver salvato una città, non significa dare un calcio ai raccolti come accadrà quest’anno. Significa perdere un anno di stipendio, oltre che l’investimento già fatto in seminatura, gasolio, usura macchinari».
«Vogliamo mettere in mora gli enti che gestiscono il territorio. E quindi, Consorzio di Bonifica e Regione Toscana e chiedere un risarcimento adeguato, perché così non è possibile risolvere le cose ed andare avanti», continua Rossi.
La stima, da subito, ha suggerito che il conto sia quantificabile in mille euro per ettaro, esclusi eventuali danni a strutture (c’è chi ha avuto l’acqua nei capannoni e fino al primo piano dell’abitazione) e riserve di fieno da destinare agli animali. Sono le ferite inferte dal Tanna, e dall’Isola, con l’argine fuoriuscito in corrispondenza dell’autostrada e in prossimità di Badia.
C’è un altro aspetto che si vuole combattere e che riguarda il cosiddetto “paletto del 30%”, vale a dire, che potrebbero aver accesso ad un risarcimento (nel passato liquidato dopo almeno tre anni dall’evento) le aziende che ricevono un danno pari al trenta per cento della produzione lorda vendibile. Tradotto, chi come la Frescobaldi che raggiunge i 200 milioni di euro grazie specialmente ai vini e che ha avuto 60 ettari di grani antichi andati perduti che frutterebbero un totale di 60 mila euro, non accederebbe al ristoro. «Questo sistema non è giusto – riprende Rossi – perché quei grani antichi che servono per produrre la loro pasta e rifornire i loro punti vendita, non li avranno. Una cosa è l’evento alluvionale accidentale, una cosa è alzare le cateratte deliberatamente per salvare una città. Tutto giusto, ma… pagami. E poi di deve tener conto di un altro aspetto – aggiunge Rossi –: il valore patrimoniale di queste terre sempre più assoggettate a simili drastiche soluzioni, ogni anno si svaluta. E chi ci coltiva più?».