Il Tirreno

Lucca

Calcio in Tribunale

Fallimento della Lucchese Libertas: quattro condannati per bancarotta

di Pietro Barghigiani

	Da sinistra Carlo Bini e Arnaldo Moriconi
Da sinistra Carlo Bini e Arnaldo Moriconi

A Moriconi due anni e 4 mesi, due anni per Bini e Ottaviani, 6 mesi a Castelli

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LUCCA. Tutti colpevoli. Quattro condanne, con la sospensione condizionale, per l’ultimo fallimento della Lucchese Libertas 1905 a pene variabili dai 6 mesi ai 2 anni e 4 mesi. Mancano due minuti alle 13 quando nell’aula del Tribunale la presidente del secondo collegio Nidia Genovese (a latere Nerucci e Trinci) legge il dispositivo che chiude in primo grado la vicenda giudiziaria passata dai campi di calcio ai decreti ingiuntivi e poi alla bancarotta fallimentare. Assenti gli imputati. Per Arnaldo Moriconi, 80 anni, di Ponte a Moriano, l’amministratore di fatto dell’allora società rossonera, condanna a 2 anni e 4 mesi con la sospensione (possibile per gli over 70 fino a 2 anni e 6 mesi) ; due anni per Carlo Bini, 79 anni, di San Macario, Ceo (chief executive officer) rossonero nel periodo che va dal 6 marzo al 7 giugno del 2018 e Umberto Ottaviani, 73 anni, romano, Ceo della Lucchese dal 28 dicembre 2018 al 19 aprile 2019; 6 mesi per Aldo Castelli, 65 anni, romano, amministratore di diritto della Lucchese dal 20 aprile 2019 al 28 giugno dello stesso quando il Tribunale dichiarò fallito il club. Tutti gli imputati sono stati assolti dall’accusa di bancarotta per distrazione perché il fatto non sussiste. Riconosciute le altre fattispecie fallimentari. Moriconi era assistito dal professor Enrico Marzaduri e dall’avvocato Claudia Selmi, Bini dai legali Luigi Gino Velani e Paolo Paganelli. «È una sentenza che non fa giustizia per quella che è stata la condotta del mio assistito e per il suo operato sempre corretto come ha testimoniato anche il sindaco revisore in aula» è il commento dell’avvocato Velani a proposito della posizione di Bini. Nella precedente udienza, nel corso delle arringhe difensive, Ottaviani aveva chiesto di rendere dichiarazioni spontanee. Non ha proposto transazioni alla curatela fallimentare, come invece ha fatto Moriconi (sui 700mila euro) , «perché il mio avvocato precedente non mi aveva detto niente. Sono stato un amministratore incauto, ma in buona fede. Capisco solo ora i motivi per cui all’epoca mi fecero amministratore. Sono venuto a Lucca due volte per le firme in banca e per depositare degli assegni. Per non aver cercato accordi con la curatela mi ritrovo con appartamenti e titoli per 1,6 milioni di euro sotto sequestro». Il pm Antonio Mariotti aveva chiesto una condanna a 2 anni per Moriconi, Bini e Ottavini e l’assoluzione per Castelli. Fuori da processo come parte civile la curatela fallimentare che ha recuperato una parte dei crediti. Le contestazioni della Procura, riconosciute fondate dal Tribunale, hanno messo in evidenza l’attività di Moriconi nel ruolo di dominus senza cariche operative nella gestione della Lucchese incurante dei debiti accumulati e della situazione finanziaria sempre più precaria. Una condizione che avrebbe dovuto imporre all’imprenditore di fermarsi e portare i libri in Tribunale anziché aggravare uno stato passivo poi diventato senza ritorno. Perdite, per l’accusa, pari a tre milioni e 241mila euro che avevano comportato l’azzeramento del capitale sociale con numerose ricostituzioni e che veniva di nuovo annullato dai debiti da saldare. E sempre Moriconi dal settembre 2018 sarebbe andato avanti nella gestione trascurando uno stato di insolvenza della società che all’epoca la Guardia di Finanza quantificò in 1,6 milioni di euro. Gli altri amministratori a seguire sono stati ritenuti responsabili del concorso nella bancarotta quando in una girandola di cambi di legali rappresentanti mettere una firma significava farsi carico delle conseguenze di un quasi certo default, in assenza di risorse fresche mai arrivate. Bini era stato amministratore dal 6 marzo al 7 giugno del 2018, Umberto Ottaviani, 73 anni, dal 28 dicembre 2018 al 19 aprile 2019 e Castelli (acquistò il 98 per cento delle quote per un euro) dal 20 aprile al 28 giugno 2019, giorno del fallimento. Entro 90 giorni le motivazionil© RIPRODUZIONE RISERVATA

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