Lucca, video ricatto sessuale: otto casi in un mese
Indagini dopo le denunce. La Procura: sui social non dare l’amicizia a sconosciuti
LUCCA. Otto casi nel giro di un mese sotto la lente d’ingrandimento della Procura. Tutte vittime di episodi di sextortion, l’estorsione o la tentata estorsione che si manifesta attraverso i social.
Gli ultimi due sono avvenuti a Capannori e Viareggio e le vittime sono rispettivamente un trentenne e un sessantaduenne. Entrambi contattati attraverso la rete: il primo via Fb e il secondo via Instagram. E in entrambi casi le esche sono giovani donne con falsi nickname e profili artefatti che scambiano messaggi, apprezzamenti e like per le foto pubblicate che si fanno via via più esplicite. A quel punto l’avvenente ragazza o la donna che si presenta come single in cerca di emozioni forti chiede di trasferire la conversazione su altre piattaforme, nel caso del sessantaduenne viareggino, su Telegram, in quello del giovane di Capannori su Skype. E lì le frasi tra l’adescatrice e la vittima si fanno più esplicite e le richieste più spinte.
Sia il trentenne operaio di Capannori che l’impiegato ultrasessantenne di Viareggio ottengono foto e video hard della ragazza conosciuta sul web che, in entrambi casi, si presenta con nomi e cognomi francesi. Ed ecco che il gioco sessuale entra nel vivo perché la donna spogliata in webcam chiede al suo interlocutore di fare lo stesso davanti al video. E gli uomini non solo obbediscono, ma in almeno in una circostanza tra quelle prese in carico dai magistrati lucchesi, compiono atti di autoerotismo. A quel punto la scena cambia: la donna sparisce e al suo posto in live chat compare una richiesta di riscatto «se non vuoi che queste immagini intime siano diffuse ad amici, parenti e familiare devi consegnarci del denaro».
Di solito, dalle ultime denunce presentate ai carabinieri e alla Polposta che da ottobre in poi le hanno girate in procura, si tratta di somme che vanno dai mille ai 5000 euro che devono essere versate in conti correnti postali oppure con ricariche telefoniche su numeri di cellulare che di solito sono intestati a persone nullatenenti o a stranieri.
Stando all’accusa chi organizza queste estorsioni in rete viene facilitato dall’amicizia concessa all’adescatore che così facendo conosce la lista di tutti i suoi contatti. Che si tratti di hacker criminali lo si evince dalla scelta delle vittime di solito giovani uomini che lavorano o commercianti e professionisti con moglie e figli che proprio in virtù della loro situazione familiare preferiscono pagare il riscatto senza denunciare l’accaduto per nascondere foto e video. Per i due ultimi casi – di Viareggio e Capannori – si è trattato di un tentativo di estorsione perché le due vittime alla fine non hanno pagato un euro preferendo denunciare l’accaduto. Ma prima di loro, a inizio ottobre, un lucchese quarantenne preso dal panico per il rischio di vedere le sue immagini senza veli spiattellate in rete avrebbe versato un migliaio di euro su un conto corrente postale che gli inquirenti hanno individuato, ma che nel frattempo era stato chiuso e svuotato.
Dalla Procura una raccomandazione ai navigatori della rete: evitare di dare “amicizia” a persone che non si conoscono, verificare (attraverso Google, sezione Immagini) la foto (probabilmente rubata) dell’avvenente signorina che ci ha contattato e diffidare sempre dai contatti sconosciuti. Cosa accadrà adesso? La polizia giudiziaria della Polposta delegata dalla Procura entrerà in possesso dei files per estrapolare gli indirizzi IP che hanno provocato il raggiro e per i quali saranno richiesti gli intestatari al provider fornitore del servizio.
Un’operazione tutt’altro che agevole anche perché al 90% gli IP sono assegnati da fornitori di servizio Internet che si trovano oltre Oceano. A quel punto la richiesta passa all’Interpol. E le probabilità di arrivare agli autori del reato diventano più remote perché il servizio di polizia internazionale dedita al contrasto al crimine agisce sulla base di priorità assolute che riguardano reati del codice penale molto più gravil
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