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La Toscana sott'acqua, la rabbia dei sindaci: «Stop ai vincoli sulla pulizia dei fiumi»

di Ilenia Reali

	La zona di Marina di Cecina finita sott'acqua
La zona di Marina di Cecina finita sott'acqua

Dai Comuni coinvolti dall'ultima ondata di maltempo la richiesta di modificare le regole. «I ponti diventano dighe, bloccati da alberi interi»

19 ottobre 2024
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Questa volta i sindaci non riescono neppure ad aspettare che l’acqua sia defluita. Sono su tutte le furie dopo l’ultima ondata di maltempo, in particolare coloro che per pochi spiccioli al mese si caricano sulle spalle impegno, sacrificio e le responsabilità di amministrare i loro piccoli comuni.

Spesso sono soli e costretti a ingoiare anche decisioni che non rappresentano, per loro, il bene della comunità. Sono soli davanti anche alle allerte meteo, sui ponti a guardare la furia dell’acqua, a riempire sacchi con l’aiuto dei cittadini più volenterosi, con qualche messaggio dalla protezione civile e un gruppo whatsapp per comunicare tra loro.

I vincoli ambientali

Il loro indice oggi è puntato sulla manutenzione dei torrenti. «Basta stare zitti mentre tronchi di albero interi, portati dalla furia dell’acqua, bloccano i ponti perché i vincoli ambientali ci hanno impedito di rimuoverli dall’alveo del fiume». È una furia il primo cittadino di Guardistallo Sandro Ceccarelli: «Come si può lasciare di tutto dentro l’alveo. Quando arrivano queste piene, di potenza superiore a quelle del passato, non ce n’è per niente e nessuno. Sradicano quasi i ponti come è accaduto a me, ieri con il Faltona, ma quando facciamo la manutenzione si devono lasciare le piante crescere dentro l’argine o dentro il letto del fiume. Ma intorno al ponte, ieri, sembrava ci fosse stato un bombardamento».

«Una riflessione seria – aggiunge il sindaco di Bibbona Massimo Fedeli – è essenziale: non possiamo guardare ai danni sia in termini economici sia come vite umane che abbiamo subito in questi ultimi anni senza ripensare un po’ di priorità. Sono stati messi dei cavilli burocratici e ambientali che hanno reso difficile una manutenzione ben fatta. Non si può pensare di alzare gli argini: nella parte a monte è necessario tagliare le piante e magari darle a chi ha bisogno del legname. I ponti, ogni volta, diventano delle dighe sono sotto gli occhi di tutti. E non serve il sindaco di Bibbona per capire che così non va. Non si può rinunciare a evitare le inondazioni per salvare specie protette. Un altro aspetto sottovalutato è quello di detriti che vengono portati sulle spiagge e nel mare con pericoli anche per la navigazione».

La gestione degli argini

Dopo l’ultimo evento alluvionale, quello dello scorso settembre costato la vita a una donna e al nipotino neonato (il corpo del piccolo non è stato trovato) quando la potenza dell’acqua si è calmata sulla foce del fiume Cecina dal ponte di Marina si vedevano i tronchi adagiati sul fondo. Sembravano galleggiare invece erano semplicemente appoggiati sui detriti e sui massi.

«Ieri mattina alle 8 – racconta la sindaca di Cecina, Lia Burgalassi – i tronchi e tutti i detriti che l’acqua porta giù si erano bloccati, come al solito, al ponte di Marina. Cerchiamo di rimuovere tutto, volta per volta. Negli anni c’è stato un ragionamento di forte attenzione alla tutela ambientale: si è pensato agli animali che stanno sul fiume, alla nidificazione, alle piante rare. Ma ora questi eventi alluvionali stanno diventando sempre più drammatici e c’è la necessità di pensare anche a una nuova modalità di gestione degli argini. Va detto che non può essere considerata l’unica soluzione ma una riflessione va fatta: quattro allerte arancioni sono significative».

Significative anche per il costo di vite umane che sempre più spesso si portano dietro. E per quanto riguarda la protezione civile la sindaca è consapevole delle difficoltà della gestione: «Un tempo eravamo tutti insieme nell’Unione nei Comuni. Ora non più ma dobbiamo rielaborare un modo per stare tutti insieme, anche con i colleghi delle colline, perché il problema idraulico non ha i confini comunali. È un problema di tutti. Cerchiamo di avere una collaborazione di tipo informale con i volontari e tra noi sindaci ma quando ci sono queste allerte andiamo in difficoltà, lo siamo noi ma ancora di più i comuni piccoli. Si deve ripensare il sistema».

Il caso-Livorno

Lo ha fatto il sindaco di Livorno Luca Salvetti, dopo la tragedia che ha colpito la sua città nel 2017. «Il sistema della protezione civile – dice – e della prevenzione dai rischi idrogeologici deve essere uno strumento primario del governo e dei sindaci. Io ho deciso di creare una protezione civile forte, organizzata, attenta. Poi ho avuto i finanziamenti per mettere in sicurezza il territorio e c’è stato un salto di qualità. Le altre zone devono far arrivare un input al consorzio di bonifica che, a sua volta, deve avere risorse e personale per cambiare registro. Comprendo che i piccoli Comuni non possano impostare da soli un sistema come il nostro. Io ho deciso di cambiare paradigma e anche gli altri devono essere aiutati per difendere il loro territorio».

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