Alluvione in Toscana, un anno fa il disastro: «Abbiamo perso tutto, ci siamo risollevati da soli. I ristori? Uno scherzo»
A Campi Bisenzio negozi, imprese e case portano ancora i segni del fango. Alcuni non hanno mai ricevuto i ristori: «E comunque sono solo 3mila euro»
CAMPI BISENZIO. Tornare un anno dopo nei luoghi dove il Bisenzio e la Marina hanno esondato mangiando il territorio, entrando nelle case e nelle aziende, colpendo duramente la vita dei campigiani. Nella notte tra il 2 e il 3 novembre 2023 l’alluvione ha ferito tutta la città, un drammatico ricordo che a distanza di un anno conserva le cicatrici e, in alcuni casi attende i ristori. Le strade del centro di piazza Dante, Santa Maria, via del Gelsomino, via Buozzi, via Palagetta, San Cresci, l’area di Villa Montalvo sono solo alcuni dei luoghi dove, quella tragica notte, le acque hanno raggiunto oltre un metro di altezza. E una volta che l’acqua grazie al lavoro dei campigiani e dei soccorsi se ne è andata era rimasto il fango a coprire strade e pavimenti.
Ma quali ristori
Luca e Cristina Petri hanno lavorato settimane per ripulire il grande locale che ospita “Ciclissimo”, la loro attività. Un punto di riferimento per tanti campigiani che utilizzano biciclette tradizionali o elettriche. La mattina dopo l’alluvione il grande negozio che si affaccia su via Saliscendi era diventato un contenitore di fango dove si erano come incollate le biciclette esposte. Dopo un anno tutto è stato ripulito, anche se le pareti conservano ancora la freddezza del passaggio dell’acqua. «Abbiamo ripulito tutto per ripartire – dice Cristina Petri – non abbiamo avuto alcun ristoro e anche la rendicontazione è piuttosto complicata. L’unico aiuto che abbiamo avuto è stato nei giorni successivi all’alluvione da parte dei ragazzi della nostra squadra ciclisitica». In questo anno il lavoro ha ripreso con lentezza. «L’alluvione si è portata via anche le bici elettriche – spiega Petri – e in questo anno abbiamo lavorato molto sul ripristino di biciclette danneggiate dall’alluvione. È stato questo il grosso del lavoro». A gennaio Ciclissimo si sposterà, resterà a Campi, ma cambierà zona, anche questo è un modo per ricominciare.
Quell’odore di umido
Camminando lungo le strade si notano ancora le tracce dell’alluvione sulle porte delle case graffiate dalla furia dell’acqua. Alcuni negozi hanno resistito e si sono reinventati «un nuovo modo di vendere» come dice Simona Belli del negozio di intimo che si affaccia su via Buozzi. «La mia fortuna è data dal fatto che il fondo è mio e non devo pagare alcun affitto – dice Belli – ho potuto ricominciare perdendo gran parte della merce. Non ho più magazzino e da qui mi sono adattata ad un diverso modello di vendita».
Si cambia, si ricomincia con quello che si ha, con quello che è rimasto. «Al momento non ci è arrivato ancora alcun sostegno», precisa Cipriana Mengozzi, psicologa e psicoterapeuta, ideatrice e coordinatrice del Centro MeMe. «L’evento è stato drammatico, abbiamo visto anni di lavoro e sacrificio distrutti in poche ore – ricorda Mengozzi – Una delle due sedi ancora non è a posto, i muri ricordano l’alluvione, nonostante i vari giri di bonifica e imbiancatura. A volte l’odore penetrante di quell’umido ci ricorda».
L’odore pungente dell’umidità richiama i ricordi, mentre l’alluvione si è portata insieme agli oggetti anche i ricordi. Stefano Rovai quella notte si trovava nella casa di via del Gelsomino. L’acqua si è portata via le due auto, ma è riuscito a salvarsi perché si era rifugiato ad un piano superiore e per questo, in quelle ore, ha accolto due persone. Hanno condiviso la casa e la paura per alcuni giorni. «Erano i ragazzi del piano di sotto – racconta – in casa avevano l’acqua. Li ho ospitati e per alcuni giorni, a lume di candela, abbiamo condiviso cibo e la disperazione». Nel suo garage dove il fango l’ha fatta da padrone c’erano i ricordi di una vita. Ristori? «I 3mila euro ci sono stati – dice – ma non sono stati sufficienti».
«Ho perso tutto»
Barbara Bargioni aveva ristrutturato la sua abitazione agli inizi di settembre, due mesi dopo l’alluvione entrando in via Buozzi ha cancellato ogni traccia dei lavori. «Ho perso tutto – dice – quella notte sono partita con un paio di pantaloni di una tuta da ginnastica e una maglia. Sono stata aiutata dai mie parenti, ospite per circa otto mesi da una mia zia. Quando ho visto la casa appena restaurata completamente distrutta e dopo aver perso ogni cosa, mi ha assalito la disperazione, poi mi sono rimboccata le maniche e ho cercato di ripartire. Ma con i 3mila euro non si fa niente. Non è stato facile cercare di ripartire anche perché i costi si sono moltiplicati: dall’impianto elettrico, agli eletttrodomestici, dal pavimento». Oltre ai beni materiali perduti nell’alluvione «se ne sono andati anche i ricordi conservati nelle scatole come le foto della mia famiglia». Valori affettivi più che economici.
Nella zona di Santa Maria, Marino Baracchi ha perso tutto il lavoro di una vita, tra l’esondazione della Marina e del Bisenzio. «Perduto anche l’attestato di 50 anni di lavoro nella mia azienda di produzione di lampadari – racconta – a casa l’alluvione ha danneggiato la mia auto, il furgone e il garage. L’auto è da rottamare». Alcuni macchinari, con fatica sono ripartiti, ma la fatica è molta. «Siamo ancora in una situazione provvisoria, la necessità era quella di rimettersi in moto il prima possibile – racconta il figlio Andrea Baracchi – non si può stare fermi. Insieme alla ripresa della produzione abbiamo iniziato a risistemare, ma ancora c’è del lavoro da fare. Siamo stati giorni e giorni a spalare fango e a buttare via merce perché siamo a venti metri dall’argine. L’acqua se ne è andata velocemente perché si è rotto il muro di confine con un’altra proprietà, altrimenti avremmo avuto tre metri di melma dappertutto».
Vivere con la paura
Quanto piove con intensità la paura torna. «Purtroppo sì, e non è solo una paura, nel nostro caso. – conclude Mengozzi del Centro MeMe – Qualche domenica fa ha piovuto forte e una delle due sedi, purtroppo, è stata nuovamente invasa dall’acqua a causa del mancato ricevimento della pioggia da parte della rete fognaria. Inoltre, siamo tutti ancora un po’ scossi, e come accade nella riattivazione dei traumi, basta un prima segnale (“la pioggia forte”, come quella notte) per far riscattare nella mente quella stessa paura, oramai interiorizzata. Per molti mesi dopo l’evento alcuni dei nostri pazienti hanno dormito vestiti, pronti a salire in macchina per scappare altrove, non appena pioveva forte. L’ansia e l’angoscia sono ancora attive, in fondo è passato appena un anno».
Il ricordo
Questa sera (sabato 2) alle 21 Campi ricorderà il trauma con una fiaccolata. La organizza il Coordinamento dei comitati. Partirà dal parcheggio di Villa Montalvo e arriverà in piazza Dante.