Il Tirreno

Giustizia

Vada, uccise il genero a fucilate: condannato all'ergastolo a 83 anni

di Claudia Guarino

	Antonino Fedele e Massimiliano Moneta
Antonino Fedele e Massimiliano Moneta

Uccise a fucilate Massimiliano Moneta, dopo avergli chiesto di accettare dei soldi per sparire.

16 ottobre 2024
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ROSIGNANO. Ergastolo. Più la condanna a pagare una serie di provvisionali alle persone offese, oltre alle spese processuali. Ecco il giudizio della Corte d’Assise presieduta dal presidente del tribunale Luciano Costantini che, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Pietro Peruzzi, ha condannato Antonino Fedele all’ergastolo riconoscendolo dunque responsabile del reato di omicidio con l’aggravante della premeditazione. Ad aspettare la sentenza, ieri in aula, c’era anche la figlia dell’imputato, Alessandra Fedele, e lo stesso imputato, che ha ascoltato prima la requisitoria del pubblico ministero a capo chino, poi le arringhe dei suoi avvocati Roberta Giannini e Riccardo Melani seduto sulle gradinate laterali.

In una lettera che scrisse al Tirreno sosteneva, Fedele sosteneva: «Ho avuto la fortuna-sfortuna di salvare mia figlia da un marito che per 15 anni l’ha ammazzata di botte, mandandola spesso all’ospedale di Tivoli piena di sangue. Alla fine venne denunciato e condannato, ma è sempre riuscito a farla franca da buon truffaldino qual era. Mia figlia, nel frattempo, subiva in silenzio per amore dei tre figli».


I fatti

Prima della sentenza sono stati sviscerati di nuovo i fatti al centro del processo. Dall’arrivo di Massimiliano Moneta al podere dell’ex suocero Antonino Fedele fino ai due colpi di fucile e alla fuga. Era l’11 aprile 2023 quando Massimiliano Moneta arriva insieme al suo avvocato al podere di Antonino Fedele. I due parlano fino a che si allontanano in direzione dell’agrumeto e durante il tragitto Fedele avrebbe detto all’ex genero, secondo quanto da lui stesso riferito in sede d’interrogatorio, «di accettare 200mila euro e di andarsene lasciando in pace sua figlia (Moneta era andato incontro a un processo per molestie nei confronti della moglie, ndr). Ma lui non ha voluto». Fedele prende quindi il fucile da caccia («lo tenevo sempre carico perché c’erano già stati attacchi di cinghiali») e spara al genero. Una volta, poi una seconda. Infine fugge. L’imputato ha sempre sostenuto di aver voluto sparare il primo colpo alle gambe (quando invece ha colpito l’addome) mentre, nel secondo caso, il colpo sarebbe «partito».

L’accusa

Questi sono i fatti ricostruiti, udienza dopo udienza, tramite testimonianze, perizie sull’arma e tabulati telefonici. L’accusa, da parte sua, ha sostenuto che Fedele non solo voleva uccidere Moneta, ma avrebbe anche pianificato l’agguato. Ecco dunque che il sostituto procuratore titolare del fascicolo ha contestato anche l’aggravante della premeditazione sottolineando come «Fedele potesse nutrire rancore nei confronti di Moneta» che, da parte sua, «aveva paura del suocero». Secondo il pm, inoltre, sulla presunta sicura al fucile che Fedele avrebbe voluto inserire invece di sparare il secondo colpo «è stato contraddittorio» e, peraltro, «non emerge pentimento». Anche alla luce di tutto ciò l’accusa ha chiesto l’ergastolo.

La difesa

Secondo la difesa, invece, i fatti sono da interpretare diversamente. Per i legali di Fedele infatti, nell’omicidio «non c’è premeditazione. Perché non avrebbe mai avrebbe pianificato un omicidio sapendo che c’era un testimone (l’avvocato Finocchiaro, ndr)». E, inoltre, se avesse pianificato l’omicidio del genero «perché sarebbe fuggito senza preparare prima i farmaci da portare con sé?». Per quanto riguarda il motivo della fuga, infine, l’avvocato Melani pone l’accento su ciò «che può passare nella mente di una persona che ha fatto una cosa del genere senza volerla fare». La difesa ha quindi chiesto da una parte di non considerare l’aggravante della premeditazione ma di trattare il caso come omicidio preterintenzionale e, in secondo luogo, di rivedere la misura cautelare e optare, anche considerando l’età di Fedele, per gli arresto domiciliari col braccialetto elettronico. Tutte opzioni, queste, a cui si sono opposti i legali che rappresentano le parti civili: le avvocate Barbara De Gregorio e Melania Abrams.

La sentenza

Al termine di una udienza durata ore e dopo una lunga camera di consiglio, Costantini ha pronunciato la sentenza: condanna di Fedele all’ergastolo e al pagamento di varie provvisionali. Si è poi preso ottanta giorni per depositare le motivazioni della sentenza. La difesa, da parte sua, attende di conoscere proprio le motivazioni della decisione e annuncia la volontà di fare appello contro la sentenza.

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