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Bronchiolite, boom delle vaccinazioni in Versilia: il primario di pediatria spiega come agisce

di Matteo Tuccini
Bronchiolite, boom delle vaccinazioni in Versilia: il primario di pediatria spiega come agisce

Il dottor Luigi Gagliardi è anche responsabile del Dipartimento materno-infantile dell’Asl: «Può provocare danni anche permanenti al sistema respiratorio, se presa nel primo anno di vita»

27 novembre 2024
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VIAREGGIO. Nel giro di venti giorni sono già 500 i nuovi nati sul territorio dell’Asl Nordovest che sono stati messi al riparo dai rischi del virus respiratorio sinciziale. E, di conseguenza, dai pericoli della bronchiolite.

«Solo in Versilia sono quasi un centinaio i neonati protetti», rivela Luigi Gagliardi, primario di pediatria dell’ospedale di Lido e responsabile del Dipartimento materno-infantile dell’Asl. Che sta seguendo la campagna di vaccinazione, «anche se tecnicamente non di vera e propria vaccinazione si tratta – ricorda Gagliardi – ma di una terapia con anticorpi monoclonali. Che non stimola la produzione di altri anticorpi nell’organismo, come fanno i vaccini classici, ma li introduce direttamente». Si tratta di una procedura che per la prima volta viene fatta in Toscana, «ma che è nota per aver già avuto successo in altri Paesi europei – spiega Gagliardi – I risultati in termini di protezione e sicurezza sono incoraggianti, ma quello che promette di più è l’impatto su una popolazione così delicata come quella dei neonati. Basti ricordare cosa è successo l’anno scorso, per rendersi conto dell’importanza del lavoro che stiamo portando avanti».

Nell’autunno-inverno di un anno fa il virus respiratorio sinciziale, che è causa della bronchiolite, ha colpito decine di bambini molto piccoli in Versilia, e centinaia in Toscana. Provocando il ricovero in Terapia intensiva del 10% dei baby pazienti. «È un numero altissimo – dice il primario di pediatria del Versilia – La bronchiolite può provocare danni anche permanenti al sistema respiratorio, se presa nel primo anno di vita. Mentre negli adulti è paragonabile a un raffreddore, nei neonati i rischi sono troppo elevati». Secondo l’Asl, infatti, un anno fa «l’epidemia di virus sinciziale è stata particolarmente grave, mettendo in crisi tutto il sistema ospedaliero pediatrico toscano per il numero e la gravità dei casi di bronchiolite». Da qui la scelta di partire con una campagna di prevenzione che riguarda i nati dal 1° aprile scorso, e che dal 4 novembre viene fatta direttamente nei punti nascita degli ospedali Asl. La protezione ha una durata di sei mesi, quindi sufficiente a coprire le stagioni più fredde in cui il virus circola maggiormente.

«L’adesione delle famiglie, finora, è assolutamente incoraggiante: soltanto nel 5% dei casi abbiamo avuto dei genitori che hanno preferito non sottoporre il piccolo alla profilassi; ma hanno comunque assicurato che una volta a casa lo proteggeranno con questo sistema, rivolgendosi al pediatra di famiglia – continua Gagliardi – I genitori sembrano accettare volentieri questo tipo di procedura, perché capiscono e si rendono conto del pericolo che corre un bambino così piccolo. Ce lo aspettavamo? Difficile dirlo. Il nostro obiettivo di partenza era coprire il 70%, perciò il fatto di essere al 95% ci incoraggia. Ci aspettiamo, quello sì, un impatto enorme, già a partire da questo autunno-inverno».

Per quanto riguarda l’evoluzione scientifica, che porta con sé novità terapeutiche quasi ogni mese, Gagliardi si definisce «ottimista, anche perché possiamo intuire quanto una terapia del genere possa portare benefici ai bambini e, di rimando, anche alle strutture sanitarie. Quando si parla di monoclonali non bisogna spaventarsi: sono procedure già note alla medicina, con risultati efficaci e comprovati. Vorrei, infine, precisare che il virus sinciziale non potrà essere “eradicato”, cioè non potrà scomparire: è fondamentale, quindi, che i neonati siano messi al sicuro, perché gli adulti potranno continuare a trasmetterlo. È fondamentale tenersi a dovuta distanza quando il naso cola e i colpi di tosse abbondano: un po’ come facevamo quando c’era il Covid». 

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