Determinanti le clausole che vengono inserite nel contratto di donazione
Cosa prevede il Codice civile: i consigli dell'avvocato Biagio Depresbìteris
Buongiorno, sono Vincenza. Cinque anni fa, in seguito alla morte di mio marito, donavo un immobile a mio cognato affinché lo destinasse a ristorante. Nel contratto esigevo un'unica cosa! Che la donazione sarebbe avvenuta solo se allo scadere di questi cinque anni il ristorante fosse stato realizzato. Chiaramente era anche una volontà di mio marito! Mio cognato però ci è andato a vivere e così ho chiesto che mi restituisca l’immobile. Lui si è rifiutato! Ora vi chiedo: è legittimo pretenderlo? Mi sembrava di essere stata chiara.
L’articolo 769 del Codice civile disciplina il contratto di donazione, definendolo come il contratto con cui, per spirito di liberalità, una parte (il donante) arricchisce un’altra parte (il donatario), disponendo a favore di quest’ultima di un suo diritto o assumendo un’obbligazione nei suoi confronti. La donazione è un contratto a titolo gratuito. Essa si basa sullo spirito di liberalità (animus donandi) del donante, che trasferisce un suo bene o diritto al di fuori della propria sfera patrimoniale. Per il perfezionamento del contratto, è necessaria l’accettazione da parte del donatario. Fino a quando questa non viene formalizzata, entrambe le parti possono revocare le rispettive dichiarazioni. Tale previsione rappresenta una deroga alla regola generale dell’articolo 1333 c.c., secondo cui i contratti con obbligazione a carico di una sola parte si perfezionano con la sola manifestazione di volontà della parte obbligata. Gli elementi essenziali della donazione sono quindi lo spirito di liberalità da parte del donante e l’arricchimento del donatario, consistente in un incremento del suo patrimonio.
Il nostro ordinamento consente l’inserimento di elementi accidentali nel contratto di donazione, quali condizioni, termini e oneri. La donazione può essere sottoposta a una condizione, che consiste in un evento futuro e incerto, la cui verifica determina l’efficacia o la risoluzione del contratto. Nel caso di condizione sospensiva, gli effetti della donazione si producono solo se e quando l’evento indicato nel contratto si verifica. Nella condizione risolutiva, invece, il mancato verificarsi dell’evento determina l’annullamento degli effetti negoziali già prodotti.
Ai sensi dell’articolo 793 c.c., la donazione può essere gravata da un onere (un obbligo imposto al donatario), che deve essere adempiuto entro i limiti del valore del bene donato. In caso di inadempimento, il donante o i suoi eredi possono chiedere la risoluzione del contratto, purché ciò sia previsto nell’atto di donazione. La donazione modale è quella in cui il donante impone al donatario un onere che si traduce in una vera e propria obbligazione. La Giurisprudenza ha chiarito che l’inadempimento di tale obbligo, se imputabile al donatario, può giustificare la risoluzione del contratto. La Corte di Cassazione ha affermato che “nella donazione modale, l’onere imposto al donatario costituisce vera e propria obbligazione, con la conseguenza che la mancata esecuzione, quando sia determinata da inadempimento imputabile al donatario, può essere causa di risoluzione della donazione”.
Se nell’atto di donazione di un immobile viene inserita una clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di mancato adempimento dell’onere imposto, il contratto sarà risolto e il donatario sarà obbligato a restituire il bene ricevuto. In conclusione, la condizione di restituire l’immobile per mancato adempimento di un onere costituisce un elemento accessorio della donazione. Pertanto, è fondamentale che le clausole di risoluzione siano chiaramente specificate nell’atto di donazione, per garantire la tutela dei diritti del donante e il rispetto delle obbligazioni da parte del donatario.
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