Il Tirreno

Toscana

L’intervista

Calciatori e scommesse illegali, parla mister Renzo Ulivieri: «Sono malati di ludopatia, vanno curati»

di Federico Lazzotti
Renzo Ulivieri
Renzo Ulivieri

Le parole del decano dei tecnici, presidente dell’associazione italiana allenatori, sul caso che scuote il pallone

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«Basta dire: “Ai nostri tempi era diverso, i calciatori si comportavano in un altro modo”. Certe cose succedevano anche prima. Questo presente lo abbiamo creato noi. Io in questa storia vedo solo delle persone malate di ludopatia che vanno curate». Renzo Ulivieri, 84 anni, rieletto a gennaio al vertice dell’associazione italiana allenatori, risponde al telefono dall’aeroporto di Madrid. «Sto per salire su un volo intercontinentale», dice. La destinazione finale è Cuba dove l’ex allenatore del Bologna ha in programma una serie di incontri con i tecnici dell’isola caraibica. Ma nonostante i recenti acciacchi fisici («Ma adesso sto un pochino meglio»), non ha nasconde la tipica schiettezza toscana e una visione del mondo da un’angolatura sempre affascinante.

Mister, ha sentito dell’indagine sulle scommesse che coinvolge calciatori di Serie A?

«Non ho ancora letto molto».

La cosa che colpisce è che molti di loro avrebbero scommesso durante i ritiri, anche in nazionale, o comunque perché avevano poco da fare…

«Ripeto: è un problema di persone malate di ludopatia che devono essere curate. In Toscana c’è un prete, si chiama don Armando Zappolini che segue e aiuta le persone che hanno questi problemi».

A suo avviso che problema c’è alla base: di educazione, di sistema, di troppi soldi?

«Macché troppi soldi. Se fosse così tutti i giocatori lo farebbero. E invece non è così».

La cosa che colpisce è che ciclicamente succede di nuovo. Non si impara nulla dal passato?

«Non è così, perché sapevano le regole, infatti non giocavano sul calcio. Dunque questa avvertenza l’hanno rispettata. Il problema per persone che hanno una patologia è semplice: se sei senza fare nulla o leggi un libro o guardi qualcosa in tv oppure spippoli (navighi, ndr) sul tablet o sul telefonini».

Che segni lasciano storie del genere in un giocatore?

«Non lo so, bisognerebbe domandarlo a loro. A vedere come giocano Fagioli e Tonali dopo la squalifica, direi che si sono ripresi bene».

L’allenatore è spesso un padre, un educatore. Che cosa si può fare per aiutare i giocatori ed evitare cose simili?

«Lei pensa che un giocatore di quel livello se ha un problema simile si rivolge all’allenatore? Questo succede per i giovani, non per professionisti di quel calibro».

A sentire storie simili non le viene la malinconia per un altro calcio?

«Se si guarda al passato stiamo sbagliando. Che quel calcio era migliore ce lo possiamo anche dire. Ma chi lo ha fatto questo mondo? Noi o loro? Noi, e dentro ci sono questi ragazzi. La colpa è nostra, ora inutile farsi venire le malinconia».

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