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La storia

Irene, mamma dopo la chemioterapia: «L’arrivo di Dante una gioia infinita, alle donne dico di non arrendersi»

di Sabrina Chiellini

	Irene Carmignani con la dottoressa Roberta Tana e il compagno Nico Mannucci
Irene Carmignani con la dottoressa Roberta Tana e il compagno Nico Mannucci

Pontedera, operata per un cancro al collo dell’utero ha temuto di non poter avere un figlio: «Ringrazio tutti i medici che mi hanno aiutata in questo percorso»

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PISA. Quella di Irene Carmignani, 35 anni, è una storia che non solo dà speranza ma può essere d’esempio per altre donne che si trovano a vivere le stesse paure ma con un lieto fine.

Irene è riuscita a combattere un tumore al collo dell’utero che le è stato diagnosticato quando aveva 27 anni, nel corso del 2017. Ha affrontato prima la chemioterapia e poi un intervento per asportare quello che era rimasto del tumore. Infine, dopo alcuni anni, insieme al suo compagno ha deciso di affrontare la maternità. Il 10 dicembre scorso, all’ospedale Lotti di Pontedera, la donna originaria di Fucecchio e ora residente a San Romano, ha dato alla luce Dante, uno splendido bambino. In questi anni lei non si è mai persa d’animo, trovando prima la forza e il coraggio necessari ad affrontare il difficile, quanto incerto, percorso di cure.

Tutto ha inizio ai primi del 2017. Irene fa un normale pap test in una struttura sanitaria pubblica. «Subito dopo ho avuto – racconta – una perdita consistente di sangue. La ginecologa prima di salutarmi mi disse: “a prescindere da quello che sarà il risultato del pap test è meglio se fai subito altri accertamenti”». L’esito della biopsia conferma i sospetti della dottoressa, la diagnosi è quella di adenocarcinoma al collo dell’utero. «Ricordo quel giorno come se fosse ieri – prosegue nel suo racconto la neo mamma – anche perché ulteriori analisi confermarono che la malattia era di quelle “toste”, insomma poco curabili. Uno choc, pensai subito che mi avrebbero asportato l’utero».

Una prospettiva che spaventava non solo per la malattia ma anche per la giovane età di Irene. «Grazie anche alla mia famiglia, sono riuscita a non perdere lucidità – dice – insieme abbiamo deciso di sentire un secondo parere. Mi sono rivolta al professor Angiolo Gadducci all’ospedale Santa Chiara a Pisa. Stessa diagnosi, tumore molto aggressivo, ma un approccio totalmente diverso. Mi sono sentita compresa. Mi ha proposto una terapia “conservativa” spiegandomi che saremmo andati avanti per step, verificando la mia reazione alla chemioterapia, cercando di salvaguardare l’utero il più possibile».

Seguono i giorni difficili della chemio, con un percorso sperimentale. «Vista la sua età – mi disse il professore – dobbiamo provare a seguire un percorso conservativo salvaguardando però anche la tua salute. Ho affrontato le terapie, una volta alla settimana per due mesi. Ho perso i capelli anche se inizialmente sembrava che si riuscisse ad evitare questo effetto “collaterale”. Ho risposto bene alla chemio, così abbiamo affrontato il passo successivo».

Da Pisa a Milano, per un’altra valutazione. Il professor Gadducci mette in contatto la donna con l’Ieo di Milano, l’Istituto Europeo di Oncologia. Irene viene operata in laparoscopia dal professor Giovanni Damiano Aletti. «Devo dire che ho fatto la scelta giusta con i medici – aggiunge Irene – mi hanno dato sempre una discreta forza». Da allora Irene segue i controlli periodici e tutto va al meglio.

Due anni fa circa l’importante decisione: «Vorrei un figlio». Se vuoi, puoi... «Non avevo fatto la radioterapia, erano passati alcuni anni dalla chemio, i medici mi hanno dato speranze anche questa volta». Dopo la speranza la gioia. «Abbiamo seguito un percorso di Pma superando qualche piccolo problema e pochi giorni prima di Natale io e Nico (il compagno, ndr) siamo diventati genitori. Una gioia infinita. Non solo per noi e le nostre famiglie. Ma anche per la dottoressa Roberta Tana, che mi ha seguito e tutto lo staff della ginecologia e ostetricia dell’ospedale Lotti, diretta dalla dottoressa Martina Liut. Devo dire grazie anche alle ostetriche».

Irene decide di raccontare il suo percorso di impegno. «I medici che ho incontrato mi sono stati vicino anche umanamente e al tempo stesso mi hanno dato gli strumenti per poter affrontare con il ciclo di cure. E poi la maternità. Alle donne che si trovano nella mia situazione vorrei dire di non mollare. Di non arrendersi anche quando tutto sembra difficile o impossibile. Dico di affidarsi a bravi medici e di sperare che il corpo reagisca bene».




 

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