Strage Calenzano, il carrello sollevato e quella scintilla killer: cosa ha scatenato la strage
La Procura amplia il numero dei consulenti, dubbi sul funzionamento degli aspiratori
PRATO. Non tanto e solo cosa e come è successo, quanto il perché. Sono tante le domande che la Procura di Prato sta mettendo in fila per consegnarle alla squadra di periti che lunedì mattina si ritroverà nel deposito Eni di via Erbosa a Calenzano per un primo e fondamentale sopralluogo collettivo con contemporanea assunzione dell’incarico. E a questo proposito il procuratore capo Luca Tescaroli - coadiuvato dal sostituto Massimo Petrocchi - che coordina le indagini sulla strage avvenuta lunedì scorso e che ha visto la morte di cinque persone e il ferimento di altre 26, ha ampliato la compagine dei consulenti tecnici: agli esperti di esplosivistica, incendio e chimica, si aggiungono quelli di impiantistica strutturale e di organizzazione delle cautele a tutela dei lavoratori.
L’ipotesi di reato
Si procede per i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni gravi, crollo doloso di costruzioni o altri disastri e rimozione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro. La Procura ha già identificato i responsabili, a vario titolo, dei piani di sicurezza interni al deposito di carburanti Eni e i responsabili della ditta Sergen srl di Grumento Nova (Potenza), a cui erano affidati i lavori di manutenzione straordinaria. Inoltre al piano di sicurezza interno, la Procura ha aggiunto l’acquisizione del piano di sicurezza esterno che riguarda proprio i casi di eventuali incidenti. Un piano a suo tempo presentato da Eni e che è stato valutato dalla Prefettura. «L’attuale congruità di quel piano con la nuova realtà che si è sviluppata all’esterno del deposito con la costruzione di capannoni industriali e civili abitazioni è tutta da verificare», viene detto negli ambienti investigativi, quasi ad avvalorare quanto dichiarato dal sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani, che chiede di ripensare la collocazione di quel deposito.
Prima dello scoppio
Sembra ormai accertato che prima dello scoppio, sotto le pensiline fossero in atto contemporaneamente due tipi di operazioni. C’erano tre cisterne intente a caricare il carburante, con accanto i camionisti Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti (mentre una quarta è arrivata proprio una manciata di secondi prima dell’esplosione con alla guida Massimiliano Nicolai che è stato miracolato), e c’era un intervento di manutenzione alla linea numero 7 dove hanno trovato la morte Gerardo Pepe e Fabio Cirielli. Un secondo intervento di manutenzione era stato programmato da Eni con altri operai, probabilmente di un’altra azienda, sempre per lunedì mattina ma non era ancora cominciato.
La causa
Il sollevamento di un carrello proprio nei pressi della linea 6 potrebbe aver provocato la scintilla che ha trovato esca nei vapori della benzina che, per motivi da accertare, sono fuoriusciti formando una piccola nube. La scintilla, la fiammata e lo scoppio che ha devastato e provocato danni tutto intorno. E, da verificare, saranno anche i macchinari per la raccolta dei vapori. Uno dei testimoni ha dichiarato di aver sentito un forte odore di benzina poco prima dello scoppio e sembra che proprio i macchinari che assorbono i vapori fossero malfunzionanti o da revisionare proprio quella mattina.
Le vittime le autopsie
A ieri erano state accertate definitivamente le identità di quattro delle cinque vittime. La quinta, per esclusione, ha un nome ma mancavano i riscontri medici certi. Se non ci saranno ulteriori necessità, martedì prossimo la Procura potrebbe dare il nulla osta per la consegna delle salme ai loro familiari. Le autopsie sono state eseguite da tre medici legali: Martina Focardi, Beatrice Defraia e Rossella Grifoni, incaricati dalla Procura di Prato, all’istituto di medicina legale dell’ospedale fiorentino di Careggi. I magistrati, inoltre, hanno disposto anche verifiche genetiche affidate ai genetisti Ugo Ricci e Vilma Pinchi.