Enrico Berlinguer e i carrozzieri pisani che blindarono l’auto del leader del Pci: il perché della scelta e i protagonisti
Dal film “La grande ambizione” con Elio Germano riemerge una vicenda semisconosciuta. Le lacrime di uno dei figli
FORNACETTE. Via Tosco-Romagnola, nel tratto che collega Fornacette, popolosa frazione del comune di Calcinaia, a Pontedera. Un rettilineo lungo alcuni chilometri, che oggi attraversa una zona industriale. Quasi alla fine, sulla sinistra c'è la Carrozzeria “Moderna”: è lì dal 1963, quando la zona era solo una lunga distesa di campi coltivati. Ed è sotto quei capannoni che, nella prima metà degli anni '70, è stata realizzata la blindatura dell'auto utilizzata Enrico Berlinguer, la stessa cui si accenna anche nel film “La grande ambizione” (di Andrea Segre e con Elio Germano), nella scena a margine di uno dei colloqui segreti fra il segretario del Pci e Aldo Moro, in cui il capo scorta Alberto Menichelli rispondendo alle curiosità del maresciallo Leonardi, responsabile della sicurezza del leader della Dc (poi purtroppo deceduto nella strage di via Fani), dice che l'auto blindata «l'hanno fatta i compagni di Pisa». Non c'è una data, anche se è sicuro che la blindatura è stata fatta prima del luglio '75. Perché, in realtà, sotto i capannoni della carrozzeria di auto ne furono messe in sicurezza due: la prima fu utilizzata da Berlinguer, mentre della seconda si sa con certezza che fu assegnata al segretario del Partito comunista spagnolo, Santiago Carrillo, in occasione del comizio di Livorno del 12 luglio 1975, quello in cui i due leader lanciarono la proposta dell'eurocomunismo.
Atti scritti relativi alla storia della macchina blindata non ce ne sono. Ma tutti gli indizi conducono a Fornacette. In primis quelli raccolti da Paolo Fontanelli, due mandati alla Camera, ai tempi dirigente della Fgci, che ha consultato anche alcuni dei vertici del partito di allora ancora in vita, come Alberto Paolicchi, all'epoca segretario particolare dello storico segretario provinciale del Pci pisano, Giuseppe De Felice: «Da quel che ho potuto ricostruire, la richiesta arrivò molto probabilmente da Roma, da chi all'interno del partito si occupava di sicurezza, e fu accompagnata, comprensibilmente, da quella di mantenere la massima riservatezza».
Altri particolari li aggiunge Gabriele Orsini, già segretario generale della Provincia di Livorno e, pure lui, nella prima metà degli anni '70 giovane dirigente della Federazione giovanile comunista: «Ho sempre saputo che la blindatura era stata fatta lì, alla “Moderna”, perché era una carrozzeria gestita da cinque soci tutti iscritti al partito e che in particolare, ad occuparsene direttamente, furono due di loro, Delfo Carlotti, e Labindo detto “Lindo” Galli», spiega. Nomi e numeri coincidono: la “Moderna”, infatti, fu fondata, oltreché da Carlotti e Galli, anche da altri tre soci: Giuseppe Iacoponi, Mireno Parentini e Adorno Profeti, tutti aderenti al Pci. E il motivo per cui fu scelta proprio quella è riconducibile anche alla figura di Amulio Carlotti, già sindaco di Calcinaia, punto di riferimento del partito nel territorio fornacettese e, nel caso specifico, anche fratello di Delfo. «Già trovare una carrozzeria in grado di fare quel tipo di lavoro, all'epoca, non doveva essere semplice – prosegue Orsini -: quindi, quando ne fu individuata una fondata esclusivamente da compagni, sulle cui capacità e riservatezza garantiva una figura come Amulio Carlotti, penso che la decisione sia stata automatica».
Avrebbe una logica pure che ad occuparsi delle lavorazioni fossero stati proprio Carlotti e Galli. Una chiave di lettura la offre Ettore Profeti, nipote di Adorno e ancora oggi uno dei soci della “Moderna”. Che però non nasconde qualche perplessità: «Mi sembra strano che nessuno dei familiari dei cinque soci di allora, abbia mai saputo niente», dice. Ma poi spalanca gli occhi a sentire quei due nomi: «Per un motivo semplice, legato a quel tipo di lavorazione – spiega -: per fare una blindatura occorrono un lattoniere e un verniciatore e queste erano proprio le competenze specifiche, rispettivamente, di Delfo Carlotti e Labindo Galli».
Tutto converge, insomma, sulla carrozzeria di Fornacette, la “piccola Russia” della provincia di Pisa, come per decenni è stata chiamata la frazione di Calcinaia. E questo anche se nessuno dei familiari dei primi cinque soci ha mai saputo nulla. Nemmeno Moreno Carlotti, 73 anni, il figlio di Delfo, che per più di quattro decenni ha lavorato alla “Moderna”: «Mio padre non me lo ha mai detto, ma le posso garantire che se gli è stato chiesto, loro non si sono tirati indietro». Poi una pausa e gli occhi s'arrossano e s'inzuppano di lacrime: «Se è accaduto davvero, per me è soltanto un motivo d'orgoglio e un’emozione enorme – spiega - Io sono sempre stato comunista e lo sono rimasto, anche se il partito non esiste più».
Quanto ai vetri antiproiettile dell'auto del segretario del Pci, questi furono realizzati alla Saint-Gobain: a fare da intermediario fu Marcello Di Puccio, pisano e deputato comunista negli anni Settanta. Ma anche operaio, proprio negli stabilimenti pisani di Saint-Gobain.