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Grosseto, umilia disabile di 16 anni davanti a scuola e lo riprende in diretta social: «Pischelletto ottuso»

di Elisabetta Giorgi

	L'uomo ha pubblicato la storia sul suo Instagram
L'uomo ha pubblicato la storia sul suo Instagram

Il ragazzo si è rifugiato in classe protetto da prof e compagni. L’aggressore non è nuovo a questi episodi, la madre del minore: «Vorrei incontrare il suo aggressore e capire perché lo fa»

06 ottobre 2024
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GROSSETO. «Pischelletto ottuso. Gli chiedo soldi e lui scappa», scrive un ragazzo in sovrimpressione – con tono beffardo – nella diretta Instagram in cui riprende se stesso mentre perseguita un minorenne fuori da scuola a Grosseto.

La cattiveria ripresa con il suo cellulare

Gli corre dietro e lo prende in giro, se ne vanta. Lo offende mentre l’altro prova a divincolarsi. Tutto pubblicato sui social. Un orrendo caso di bullismo ai danni di un 16enne con disabilità afflitto da una malattia neurodegenerativa muscolare. Succede a Grosseto sabato mattina, verso mezzogiorno, con il “bullo” che riprende la scena con il telefonino e la pubblica sui social in una “story” durata 24 ore, ma accuratamente salvata dalla famiglia del minorenne che poco dopo sporge denuncia ai carabinieri.

Il racconto della madre

A raccontare tutto al Tirreno è la madre di quest’ultimo. La famiglia abita in un paese dell’entroterra maremmano, a circa un’ora dal capoluogo. Stefano (nome di fantasia del minore) frequenta le superiori a Grosseto e tutte le mattine prende l’autobus per raggiungere la sua scuola alla Cittadella dello studente. A causa della sua malattia segue un programma specifico; ha lezione tutti i giorni tranne il sabato, in cui ha un programma differenziato “in autonomia” per imparare a sbrigare commissioni e gestirsi da solo. Succede così anche tre giorni fa, quando è stabilito che prenda il pullman dal suo paese per raggiungere Grosseto e svolgere la sua “prova autonoma” ad hoc. Nello specifico comprarsi un paio di scarpe da solo. A metà mattinata «va al negozio – racconta la madre – e si compra le scarpe, dopodiché va a scuola ad aspettare i suoi compagni all’uscita delle lezioni». Ma è lì che verso le 12,30 si annida l’imprevisto. Incontra un ragazzo «che a quanto mi dicono dovrebbe avere sui 20-22 anni – racconta la mamma – e che inizia a offendere mio figlio». I due non si conoscono. Stefano è minorenne, l’altro è maggiorenne. Uno va a scuola, l’altro sicuramente no. E in zona, dice la madre, «purtroppo ho saputo che ha già importunato persone fragili e indifese. Anziani, ragazze, disabili, persone più deboli di altre».

Gli insulti

Il 20enne «comincia a offendere pesantemente mio figlio che cammina fuori dal cortile della scuola, sul marciapiede». Gli rivolge frasi aggressive, gravissime. Gli chiede se «è storto di testa, se è uscito da un cartone perché ha questa voce da “Goblin”, poi inizia a dirgli “dammi 1 euro, dammi 2 euro”». Lo importuna, lo sfotte, lo deride a favore di telecamera del telefonino. Inizia a mettergli le mani nei pantaloni per prendergli il borsello «mentre mio figlio cerca di accelerare il passo», peraltro mostrando grande civiltà. «Dammi i soldi, dai dai. Dammi un eurino». E poi lo schernisce: «Aiuto, poliziaa» (per fargli il verso); lo vediamo nel video.

La richiesta d'aiuto ai compagni e lo scudo al ragazzo

Mentre il maggiorenne fa la diretta su Instagram, il 16enne con il suo cellulare riesce ad avvisare i compagni in aula dicendo di essere in difficoltà, a quel punto «loro – prosegue la mamma – chiamano i professori che si precipitano fuori ad aiutare mio figlio, il quale inizia a correre verso la scuola». Nella concitazione gli cade il borsello, riesce a recuperarlo. E finalmente si rifugia dentro l’istituto, al sicuro. L’altro fugge via. La madre è sdegnata, arrabbiata, preoccupata. I compagni e i professori anche, «c’è stato un moto di solidarietà e protezione enorme nei confronti di mio figlio. Ci siamo sentiti protetti da loro e li ringrazio, la scuola si è comportata molto bene. I compagni di mio figlio sono rimasti malissimo e addirittura lo hanno accompagnato fino al pullman, assicurandosi che lui salisse in condizioni di assoluta sicurezza per tornare a casa, nel nostro paese. Io a fine mattinata ho sporto denuncia», racconta la madre. La quale non ha altre parole da spendere se non di condanna sulla gravità assoluta di quello che è successo.
Un episodio che non deve essere sottovalutato – puntualizza – perché è sintomo di qualcosa di grave. Di malato.
«Mio figlio è minorenne e con una malattia neurodegenerativa. È in difficoltà e deve essere libero di vivere la sua vita nelle migliori condizioni possibili. La sua fortuna è che, come abbiamo visto, può davvero contare su una rete di protezione da parte di persone che gli vogliono bene. La famiglia, la scuola, gli amici».

Non è un episodio isolato

Riguardo al maggiorenne autore del gesto, «purtroppo sono venuta a sapere che non sarebbe nuovo a casi di questo genere: vedremo. Certo la gravità di quello che ha fatto a mio figlio consiste non solo nel comportamento in sé, in cui l’ha inseguito e importunato pesantemente, ma anche nell’aver pubblicato tutto sui social», per esporlo (secondo la sua distorta visione) a commenti beffardi e a una sorta di gogna. Per provocare reazioni virali e mortificare ancora di più una persona.
In questo modo si sta rendendo riconoscibile. Nonostante la story sia pubblicata con un nickname, infatti, il suo vero nome è ricostruibile; anche perché lui ci mette la faccia, si fa i selfie e si riprende nei video. Ieri la story (pur effimera e destinata a durare 24 ore) non era più in rete ma era stata salvata e consegnata alle forze dell’ordine.

La madre del ragazzino bullizzato

Quello che adesso vorrebbe la madre sarebbe incontrare questo ragazzo - il “bullo” - e chiedergli perché l’ha fatto. «Se il mio primo istinto – spiega lei – è stato di rabbia, il che è normale quando a una mamma viene toccato il figlio, ora sarei curiosa di incontrare questa persona per chiedergli una cosa: perché fai questo? Se arrivi a comportarti così è perché sei solo? Forse hai un disagio importante e devi essere aiutato? Io vorrei capirlo davvero, vorrei chiarire da cosa nascono queste dinamiche e se tutto questo disagio ha origine dalla solitudine. Mio figlio invece è aiutato; non ha più il padre, però ha una mamma, ha due fratelli e una nonna. Persone che gli vogliono bene e che quando sbaglia glielo dicono per stargli accanto con amore. Questo io cerco di insegnare nella vita a mio figlio. Gli dico: ricordati di non rispondere mai a un sopruso con un altro sopruso».


 

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