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Contratto lavoratori dei porti: riparte la trattativa. A che punto siamo e gli scenari

di Maurizio Campogiani

	Rinnovo del contratto dei portuali: si riparte (foto di repertorio)
Rinnovo del contratto dei portuali: si riparte (foto di repertorio)

Il segretario nazionale della Filt Cgil, Amedeo D’Alessio, annuncia che il sindacato è pronto a scendere in campo contro ogni ipotesi di privatizzazione

05 ottobre 2024
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Dopo una pausa di alcuni mesi, lunedì prossimo, 7 ottobre, riprendono le trattative per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori dei Porti scaduto il 31 dicembre dello scorso anno. L’anticipazione arriva dal segretario nazionale della Filt Cgil, Amedeo D’Alessio, per il quale occorre un’accelerazione con l’obiettivo di poter giungere a un’intesa che tuteli i diritti e salvaguardi il potere d’acquisto dei lavoratori. E l’esponente sindacale prende a spunto quanto avvenuto negli Stati Uniti con lo sciopero dei portuali per evidenziale le sostanziali differenze, non solo di carattere economico, tra le due realtà.

La situazione

«I lavoratori dei 36 porti americani situati sulla costa orientale e nella zona del Golfo del Messico – spiega – dopo aver raggiunto l’intesa sul contratto, hanno sospeso il loro sciopero che avrebbe avuto pesanti effetti sul commercio globale con ripercussioni anche per i porti Porti del Mediterraneo visto che gli Stati Uniti rappresentano un riferimento indispensabile. Pur tenendo presente che il sistema sociale ed economico americano è profondamente diverso dal nostro con salari “lordizzati” che rendono molto complicati i paragoni, fa comunque un certo effetto vedere che, a seguito dell’accordo, questa parte di lavoratori portuali americani hanno ottenuto un aumento di circa il 60% in sei anni con un salario che a regime arriverà a 63 euro l’ora. Per sbloccare la vertenza è stato risolutivo il ruolo che ha giocato il governo americano con il presidente Biden che, pur avendo avuto il potere di sospendere lo sciopero per 80 giorni, non lo ha utilizzato si è invece schierato fin da subito dalla parte dei portuali chiedendo con un'urgenza alla parte datoriale di presentare un'offerta equa riconoscendo il sacrificio dei lavoratori per mantenere aperti i porti durante la pandemia a fronte degli extra profitti realizzati nello stesso periodo dai terminalisti».

In Italia

Una situazione, quella americana, che secondo D’Alessio contrasta fortemente con quella italiana. «Purtroppo in Italia – riprende – dopo già tre scioperi nazionali e con il contratto scaduto da quasi un anno, lo scenario è completamente diverso. Infatti, l’attenzione dell’attuale governo per favorire una soluzione contrattuale è stata quasi impalpabile. Così come non è stato fatto nulla per sbloccare il fondo di prepensionamento e il riconoscimento del lavoro usurante. Viceversa non mancano i proclami finalizzati a una riforma che intende destrutturare la legge 84/94 ventilando scenari di privatizzazione dei porti. Ipotesi sui cui i lavoratori e il sindacato hanno già espresso totale contrarietà e rispetto alla quale, se necessario, saranno pronti anche a scendere in campo con tutta la loro forza a difesa di un impianto regolatorio che si è dimostrato efficace. In questo contesto, è fondamentale mettere in sicurezza il Contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei porti inteso come trattamento normativo ed economico minimo inderogabile da applicare  a tutti i lavoratori dipendenti di imprese portuali. Lunedì prossimo, seppur con forte ritardo, si riapriranno nuovamente le trattative. Occorre un’accelerazione con l’obiettivo di poter giungere a un’intesa che tuteli i diritti e salvaguardi il potere d’acquisto dei lavoratori».

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