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Il "Mulino Bianco" va all'asta, il set nel senese che ha fatto la storia della pubblicità

Il "Mulino Bianco" va all'asta, il set nel senese che ha fatto la storia della pubblicità

L’immobile, che ospita un agriturismo, sarà venduto a ottobre. Il prezzo base è fissato in poco più di un milione di euro, l’offerta minima è 831.204 euro e 89 centesimi. Diventò un'incona dell'immaginario italiano sulla famiglia tipo

05 giugno 2021
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SIENA. È un po’ come se andasse all’asta un pezzo di immaginario italiano. L’icona del modello di famiglia, con tutta la sua melassa di stereotipi e luoghi comuni che oggi un pezzo di società guarda con ironico distacco se non con sospetto. Perché va all’asta il “Mulino bianco”. O meglio, ci va il vecchio mulino di Chiusdino, nel senese, che ha fatto da set allo storico spot pubblicitario della fabbrica di biscotti più famosa del Paese.

Andranno all'asta il primo ottobre il mulino e la relativa area che si affaccia sul torrente Merse, nel comune di Chiusdino (Siena), non lontano dall'Abbazia di San Galgano, scelto negli anni Novanta dalla Barilla come set per i celebri spot del 'Mulino bianco' e diventato, per la fama acquisita con la pubblicità, anche meta turistica. La struttura comparve per la prima volta nella pubblicità dei biscotti nel 1989 realizzata dal creativo Armando Testa con la regia di Giuseppe Tornatore e la musica di Ennio Morricone.

L’immobile, che ospita un agriturismo, sarà venduto dall’Istituto Vendite Giudiziarie di Siena nel prossimo mese di ottobre. Il prezzo base è fissato in poco più di un milione di euro, l’offerta minima è 831.204 euro e 89 centesimi. La notizia è pubblicata oggi da La Nazione.

Il mulino era diventato negli ultimi vent’anni un agriturismo con ristorante, piscina con solarium, una decina di stanze e diversi bagni, una torre e una parte museale dove sono conservati gli strumenti per produrre l’energia elettrica grazie alla ruota del mulino e le macine per lavorare i cereali. Prima della conquista della popolarità, era un mulino in rovina, a poca distanza dall’abbazia di San Galgano, quella che ha per tetto il cielo, e accanto la roccia in cui il cavaliere Galgano incastonò la spada.

Costruito all’inizio del XIII secolo dai Monaci dell’Abbazia di Serena, originariamente era utilizzato con lo scopo principale di lavorare il grano, ma anche per la cosiddetta sodatura delle stoffe per la vendita ai mercati: quest’ultimo è un procedimento con cui i tessuti venivano trattati con soda caustica con l’obiettivo finale di renderli più lucidi. Finora invece ha ospitato l'agriturismo, che si chiama Mulino delle Pile (le pile erano i recipienti di pietra che, grazie alla ruota idraulica, battevano sui panni per il trattamento di cui sopra).

Lo spot divenne un ‘topos’, una specie di specchio della famiglia tipo italiana, o almeno di quella che tutti avrebbero dovuto desiderare: il padre che tornava in quella casa di campagna dopo una giornata di lavoro in una redazione di un giornale; la madre, bella acqua e sapone, poi i figli, un ragazzino e una bambina e anche un nonno saggio. Gattini adottati e piccoli drammi tutti risolti con le merendine e i biscotti, mentre la ruota del mulino, dipinto di bianco, girava tranquilla come la ruota del mondo. Tutte le famiglie italiane aspirarono ad assomigliare a quella del Mulino Bianco. Partì una caccia al casolare in campagna, in Toscana o in Umbria, dove le colline somigliavano a quel set. E andò in scena un pellegrinaggio che fece epoca.

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