Omicidio Flavia Mello, l'uomo che ha ospitato l'assassino: «Era disperato e solo, l'ho aiutato»
Kristian Emanuele Nannetti era senza casa e gli chiese aiuto, l'incontro prima dell'arresto: «Era strano, non potevo immaginare»
PONTEDERA. Proseguono le indagini sull’omicidio di Flavia Mello Agonigi, la brasiliana di 54 anni, con cittadinanza italiana e residente a Pontedera, uccisa a coltellate durante un incontro di sesso a pagamento, in una vecchia casa a Sant’Ermo, sulle colline di Casciana Terme Lari. Oggi l’autopsia che permetterà di avere le prime risposte sulle cause della morte della donna, su come è stata nascosta nella cantina e sul numero delle coltellate mortali. Le più gravi a un primo esame sembrano quelle che l’hanno raggiunta su un fianco e una spalla.
L’autore dell’omicidio, Kristian Emanuele Nannetti, 34 anni, meccanico senza un lavoro stabile, ha confessato di averla pugnalata almeno quattro volte con un coltello trovato nella casa dove abitava da circa un mese e mezzo. La polizia tra i rifiuti gettati sul cadavere ha sequestrato due coltelli e su uno c’erano tracce ematiche. La tranquillità del borgo è stata squarciata da un fatto così grave. Il suono dei passi sul selciato rompe il silenzio. Sembra difficile avere un segreto da queste parti. «Nessuno in questo isolato ha sentito liti, rumori o qualcosa di strano – ripete una vicina – nessun rumore, nessuna lite».
Il proprietario di casa: «Era disperato e solo, l'ho aiutato»
L’edificio dove è avvenuto il delitto è di proprietà di Stuart George Carson, scozzese, ormai di casa tra Casciana e Lari. Lo incontriamo per strada a Ceppato: «È una brutta storia. Ho conosciuto Nannetti al circolo a Casciana Alta – racconta – mi ha chiesto aiuto per la casa. Abitava con un altro ragazzo ma non c’erano più le condizioni perché potesse restare con lui. Ho deciso di dargli una mano, era disperato e solo. A lungo in quella casa hanno abitato alcuni marocchini, non pagavano l’affitto, così ho pensato di dare una mano a Emanuele. Stavamo per fare un contratto d’affitto». Il proprietario dell’abitazione di Sant’Ermo, ora sotto sequestro, racconta di essersi recato dai carabinieri. «Visto quello che è successo – aggiunge – mi sono sentito di andare in caserma in maniera spontanea. Non mi aspettavo che Emanuele potesse finire in questa situazione».
L'ultimo incontro prima dell'omicidio
L’uomo spiega di avere visto Nannetti negli ultimi giorni, prima che venisse arrestato. «Doveva riparare l’auto della mia ragazza che doveva fare un viaggio – dice – così due domeniche fa abbiamo chiamato Emanuele al telefono per sentire se aveva riparato l’auto. Ma lui non ha risposto. Siamo andati a Sant’Ermo e abbiamo preso l’auto. Dopo Emanuele ci ha chiamato, dicendo che non aveva sentito il telefono».
«Era un po' strano rispetto al solito»
Quel giorno Flavia era già stata uccisa e forse gettata nella cisterna della cantina a cui si accede direttamente dall’interno dell’abitazione. Un rifugio di fortuna per il 34enne, poche stanze senza arredi, luce e acqua. «So che negli ultimi giorni era stato a cena a casa di una coppia di Sant’Ermo – prosegue Carson – anche loro hanno aiutato molto Emanuele. Prima che fosse arrestato, l’ho incontrato in paese; ora che ci ripenso era un po’strano rispetto al solito, certamente non avrei mai immaginato quello che poi invece abbiamo saputo». Molti dopo la confessione di Nannetti se abbia fatto tutto da solo o se qualcuno lo abbia aiutato a nascondere il cadavere. Flavia era alta circa un metro e 85 centimetri pesava quasi cento chili. Nannetti l’ha trascinata sulla scala interna, aiutandosi con un lenzuolo, e poi l’ha spinta a forza nella cisterna, coprendola con un mucchio di rifiuti. Per farla sparire.