Tiziano Terzani, a 20 anni della scomparsa il ricordo della moglie: «Il mondo non è andato nella direzione che sperava»
Angela Terzani, moglie del giornalista fiorentino, lo racconta a 20 anni dalla scomparsa. «Sono certa che non avrebbe saputo da dove ricominciare a mettere a posto il mondo»
Vent’anni fa esatti, il 28 luglio 2004, moriva Tiziano Terzani. Angela Staude, sua moglie, salita sul palco del Teatro romano di Fiesole insieme ai figli Folco e Saskia, non ha mai smesso di tramandare i messaggi del suo Tiziano. «Vi racconto la grande eredità che ci ha lasciato, anche se sono convinta che, con altre guerre in corso, non avrebbe saputo da dove ricominciare a mettere a posto il mondo».
Insieme hanno viaggiato, si sono calati nelle realtà più differenti, soprattutto in Asia, e visto la storia scorrere davanti ai loro occhi, trasformandoli in testimoni. «La storia ha fatto parte di Tiziano, ci credeva: ecco perché il fascino dei suoi reportage è imperituro e destinato a durare nel tempo».
Angela, il viaggio per Terzani è stato un elemento imprescindibile. Se dovesse scegliere di raccontarci l’istantanea di vita a cui è più legata quale sceglierebbe?
«Tiziano aveva bisogno di viaggiare e di muoversi nella storia. Penso alle sue esperienze in Asia, tra Giappone, Vietnam, Cina, India. Questi sono paesi di antica cultura, dove non si poteva prescindere dal passato. Conoscere la storia, per altro, ti permette di muoverti nel presente. Se uno prende l’Italia di oggi, con Meloni e non solo, non capisce quale antico Paese esso sia. E questo vale anche con l’India. Se uno prende quella di Mao, è la fine: è una storia breve e anche fallimentare. Questa è una consapevolezza che Tiziano aveva ben radicata: ecco perché i suoi reportage non muoiono mai».
Tiziano è stato uno dei pochi giornalisti ad assistere alla caduta di Saigon e a restarvi per qualche mese dopo la presa del potere da parte delle forze comuniste.
«Nel 1975 eravamo già sposati ed erano nati i nostri due figli. Quella, per lui, fu una grandissima emozione. È stata la prima volta nella storia in cui un paese asiatico povero, di contadini e pescatori, ha battuto il gigante americano che mai prima e mai poi è finito sconfitto. Quel fatto, lo fece pensare molto, soprattutto sulla forza di quel popolo che si trovò ad essere invaso da una potenza straniera».
Quale il reportage che gli è più rimasto sulla pelle?
«Dico i quattro anni vissuti in Cina, in mezzo ai cinesi. È stata un’esperienza rivelatoria ed emozionante, perché contrastava fortemente con l’ideologia marxista, c’erano grandi ingiustizie nel paese. Sì, la Cina è il Paese che ha più coinvolto Tiziano, lo ha emozionato e deluso».
Nei testi di Terzani si parla di cambiamenti culturali e sociali: quale la lezione che vale ancora oggi?
«Molte cose, in passato, sono avvenute in nome di una ideologia. Ai nostri tempi era quella marxista, ma può essere un concetto esteso a qualsiasi altra, di destra o sinistra. Il fatto è che poi bisogna misurarsi con la realtà. Si possono avere speranze e visioni ideologiche di qualsiasi genere, ma se la realtà non corrisponde ai fatti non si va più da nessuna parte. Tiziano ha sempre guardato all’oggi, alla vita e alla qualità della vita stessa, oltre che all’uomo. La discriminante era una, ovvero cosa dovesse fare: inchinarsi davanti al ritratto del presidente di turno e giurargli eterna fedeltà, oppure lavarsi i denti tranquillamente e andare a fare il suo lavoro?».
Avete girato il mondo, ma l’Orsigna è rimasta radicata nell’anima di Terzani.
«Quelle erano le sue radici. A dire il vero, si sentiva molto fiorentino, ma l’Orsigna era il posto che lo riportava all’infanzia. Ma soprattutto che lo immergeva nella natura, la cosa più tranquillizzante della sua vita così intrisa di guerre, catastrofi, disastri. Questo contrappunto dell’Orsigna, di quei monti che lui aveva cominciato a conoscere da bambino, con una casa che abbiamo sempre avuto, è stato l’altro polo della sua vita, quello che permetteva di trovare il punto di equilibrio perfetto con tutto il resto. Era, poi, come tornare nel posto “scoperto” dal padre».
E del Terzani privato qual è il particolare che non dimenticherà mai?
«La sua grandissima ispirazione, era pieno di passioni e di impegni anche politici, anche se alla fine non erano più tali, perché la politica non conduce mai a quello che promette».
Che cosa avrebbe detto Terzani di questi ultimi 20 anni?
«Forse, non avrebbe saputo da dove ricominciare a mettere a posto il mondo, che nel frattempo non è andato nella direzione sperata. La contrapposizione tra il capitalismo americano e il marxismo asiatico si è risolta con il prevalere del capitalismo. Il materialismo così spiccato, a Tiziano, non andava, così come l’assenza totale di vista spirituale. A cosa serve, quando l’altra metà del mondo si impoverisce e, soprattutto, fare tutti questi soldi distrugge la terra? Questo, per lui, sarebbe stato un vero fallimento, così come le due guerre in corso gli avrebbero procurato dolore».
Venerdì sera, a Fiesole, insieme ai suoi figli, avete ricordato Tiziano Terzani, non soltanto il grande giornalista, ma soprattutto l’uomo. Che emozioni ha provato?
«Gigantesche. Intanto per il luogo, il Teatro romano. Mio nipote mi ha detto: “È il luogo più bello per ricordare il nonno”. È stato bellissimo ricordarlo in circondati dalla storia e dal senso di amicizia che abbiamo respirato, l’atmosfera è stata coinvolgente, a tratti emozionante. È stata una propria di solidarietà nei confronti di Tiziano e delle sue idee. La sua eredità si è toccata con mano nei volti di chi era presente: le sue idee non sono soltanto nei suoi libri, ma anche nelle teste, specie in momenti in cui non si sa bene cosa rincorrere».
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