«A Prato c’è la schiavitù»: l’accusa choc del senatore
La visita della commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia
PRATO. Schiavitù. Non ha esitato a pronunciare la parola più pesante Tino Magni, presidente della Commissione d’inchiesta del Senato sulle condizioni di lavoro in Italia, dopo aver visitato una delle aziende cinesi sequestrate per lo sfruttamento dei lavoratori e aver ascoltato la voce delle istituzioni e delle categorie economiche locali.
Parla di schiavitù, Magni, di Sinistra italiana, al termine della giornata che insieme alla senatrice Paola Mancini (Fratelli d’Italia) ha passato a Prato, dopo aver ascoltato lo scorso 15 gennaio a Roma, il procuratore Luca Tescaroli.
«La cosa peggiore è che abbiamo visto qui si chiama schiavitù – ha detto Magni – Tutti denunciano un sistema cinese dentro la città di Prato. Un sistema che produce ricchezza ma che è fatto anche di criminalità e dove lo sfruttamento dei lavoratori è all'ordine del giorno».
«E ci ha stupito che pur essendo i cinesi alla terza generazione – ha detto Paola Mancini – ci siano ancora difficoltà nel parlare l’italiano».
«Tutti hanno diritto di fare impresa – ha aggiunto Magni – ma rispettando la Costituzione italiana e i contratti di lavoro. Per questo abbiamo chiesto alla Prefettura di fare una task force che affronti un problema che non può essere messo sotto il tappeto». In realtà questa task force c’è da tempo. Si chiama squadra interforze e periodicamente esegue controlli nelle confezioni cinesi dove si annida lo sfruttamento lavorativo. Il problema è che ne fa pochissimi rispetto alla quantità di aziende da controllare e gli ispettori del lavoro sono in numero risibile, sempre rispetto alla platea degli obiettivi. A chi gli fa notare che servirebbero proprio loro, gli ispettori del lavoro, Magni replica che è così un po’ in tutto il paese, anche se aggiunge che una situazione come quella vista a Prato non l’ha trovata da nessun’altra parte in Italia. E onestamente ammette di non avere una soluzione in tasca. Serve la volontà politica, dice, che a parole anche questa non manca. E serve, ha aggiunto, agire sui committenti.
Quanto a quella parola così pesante, schiavitù, si può tranquillamente dire che qui non c’è, nel senso che non si ricorda un solo procedimento penale in cui sia stata contestata la riduzione in schiavitù nei confronti di un imprenditore cinese. E tantomeno una condanna in questo senso. C’è semmai lo sfruttamento della manodopera, clandestina e non. Sfruttamento su scala industriale che negli ultimi anni ha portato un esercito di pachistani a ribellarsi ai datori di lavoro cinesi. Sono in parte pachistani anche i dipendenti dell’Arte Stampa, l’azienda cinese di via Pistoiese le cui quote societarie sono state sequestrate nell’ambito di un’inchiesta partita da un tentato omicidio e approdata allo sfruttamento (solo 6 contratti regolari su 64 lavoratori). Stamattina Magni e la senatrice Mancini sono andati a dare un’occhiata, insieme alle forze dell’ordine e hanno toccato con mano che cosa significa.
Forse anche per questo la Commissione ha deciso all’ultimo momento di sentire anche i sindacalisti Luca Toscano e Sarah Caudiero del Sudd Cobas la cui audizione non era prevista. Sono loro che negli ultimi sette anni hanno organizzato la lotta dei pachistani.
Giovedì 13 in provincia arriverà un’altra commissione, la Commissione Lavoro della Camera, che andrà in Valbisenzio e a Montemurlo, sempre per verificare le condizioni di lavoro nelle aziende.