Incendio alla caserma dei carabinieri, l’anarchico di Prato ha fatto benzina al distributore della madre
Resta in carcere Antonio Recati, ma è caduta l’aggravante del terrorismo
PRATO. Il giudice per le indagini preliminari di Firenze non ha convalidato il fermo del giovane anarchico pratese Antonio Recati, 30 anni, accusato di aver dato fuoco al portone della caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, lo scorso 13 gennaio, ma ha disposto ugualmente la custodia cautelare in carcere. La mancata convalida del fermo è legata a un motivo tecnico ma anche sostanziale. Il gip Angela Fantechi, infatti, non ha ritenuto che a Recati potesse essere contestata l’aggravante prevista dall’articolo 270 bis del Codice penale, cioè l’aver agito a fini di terrorismo o di eversione. Cadendo questa aggravante, non c’erano più i limiti minimi di pena che consentono l’esecuzione del fermo senza la flagranza di reato, ma sussistono invece i gravi indizi di colpevolezza a carico di Recati.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, fatta propria dal giudice, Antonio Recati ha usato l’auto intestata alla madre, una Dacia Duster, per arrivare davanti alla caserma dei carabinieri. Lo proverebbero le immagini registrate da diverse telecamere di sorveglianza. Prima di arrivare a Borgo San Lorenzo, l’autore del danneggiamento si è fermato al distributore Ip di Barberino di Mugello, in via del Lago, che è gestito proprio dalla madre e dove lui stesso in passato ha lavorato. Poi è ripartito alla volta di Borgo San Lorenzo e ha piazzato il pacco infiammabile davanti al portone, dandogli subito fuoco.
In realtà Recati in quel momento avrebbe dovuto trovarsi agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico perché indagato per altri due danneggiamenti alla linea ferroviaria dell’alta velocità, ma l’allarme non è scattato. Secondo gli inquirenti il braccialetto è stato manomesso. Dallo scorso mese di luglio, i carabinieri sono intervenuti per la bellezza di 69 volte nell’abitazione di Recati per il malfunzionamento del braccialetto, che è stato sostituito per cinque volte. Secondo un consulente tecnico, sarebbe stato lo stesso Recati a manomettere il dispositivo, forse per costruirsi un alibi. La notte dell’incendio infatti l’allarme non ha suonato ma il consulente ha trovato tracce di colla, come se il dispositivo fosse stato staccato e poi riattaccato.