Presunto stupro in discoteca all'Elba: l'imputato ritratta sull'assicurazione anti-violenza sessuale
Nel corso dell'ultima udienza il trentanovenne isolano Alessandro Canovaro ha preso la parola: «Ho sbagliato, voci di corridoio»
LIVORNO. «L’altra volta mi sono confuso e ho sbagliato a dire che avevo sentito quella cosa dell’assicurazione contro gli stupri dal mio avvocato Lucia Mannu, ho sentito voci di corridoio». Ha preso la parola all’inizio dell’ultima udienza nel processo che lo vede imputato il trentanovenne Alessandro Canovaro, il pr elbano accusato di violenza sessuale e lesioni per aver, secondo la procura, stuprato e picchiato nel bagno di una discoteca isolana nella notte di San Silvestro che separava il 2022 dal 2023 una barista di 23 anni che stava lavorando lì durante quella sera, poi dimessa dal pronto soccorso di Portoferraio con 25 giorni di prognosi. All’epoca dei fatti il giovane era stato arrestato dai carabinieri e ora, come misura cautelare, ha l’obbligo di permanenza in casa la notte, quello di restare sempre nel comune di Marciana (dove vive) e il divieto di avvicinamento per 300 metri alla persona offesa con il controllo attraverso il braccialetto elettronico.
Le dichiarazioni
L’allora pr – difeso, oltre che da Mannu, anche dalla legale Cesarina Barghini – ha chiesto di poter fornire delle dichiarazioni spontanee, rettificando ciò che aveva detto durante il suo esame davanti al collegio lo scorso ottobre, con l’avvocata che al Tirreno lo aveva smentito prendendo «totalmente le distanze da quanto riferito in aula dall’assistito – le sue parole –. Non gli ho assolutamente mai detto che la presunta vittima, parte offesa di questo processo, ha un’assicurazione contro gli stupri». Ai giudici Canovaro aveva anche spiegato che quella sera «lei – riferendosi alla presunta vittima – mi ha cominciato a baccagliare, a stuzzicare, veniva… se lei era dentro e io fuori, veniva fuori. Dopo 40 minuti che l’avevo conosciuta mi era già addosso. All’inizio, essendo un uomo, l’ho scansata, alla fine però mi sono fatto trascinare in bagno. Mi ha preso per un braccio e mi ha portato nel bagno degli uomini, quello pubblico. Poi siamo saliti su insieme, anzi lei forse è salita un secondo dopo».
Parla la collega
Nel corso dell’ultima udienza ha parlato anche, in veste di testimone, una barista al lavoro quella sera, collega di lavoro della vittima. È una donna elbana imputata in un procedimento penale connesso a quello di Canovaro, per aver ceduto della droga proprio nella notte di San Silvestro, per il suo avvocato ha presentato una richiesta di messa alla prova, chiedendo di svolgere i lavori di pubblica utilità in cambio dell’estinzione del reato. La giovane ha risposto alle domande della difesa, della pm Antonella Tenerani, del collegio (il presidente è il magistrato Ottavio Mosti) e dell’avvocata di parte civile, Monica Lottini. «L’avevo chiamata al lavoro – ha raccontato la dipendente, riferendosi alla presunta vittima – e le avevo detto che doveva prendere 150 euro per la serata, era tipo dalle 23 fino poi alla chiusura. Io la conoscevo già, con Canovaro invece non si conoscevano, almeno a quanto ho capito, poi dopo si sono magari intrattenuti un pochino di più ecco, mettiamola su questo punto di vista. Bevevano insieme, scherzavano, “ballicchiavano” tra una bevuta e l’altra». La barista ha ricordato ai giudici – a latere di Mosti, i magistrati Andrea Guarini e Tiziana Pasquali – anche come ha visto la collega di lavoro subito dopo il presunto stupro avvenuto nel bagno: «Era un po’ sconvolta», le sue parole.
La posizione del cellulare
In aula è stato ascoltato anche il perito viareggino Luca Mercatanti, esperto di sicurezza informatica. È consulente della difesa. A lui, la corte, ha chiesto conto della posizione del cellulare di Canovaro al momento del presunto stupro. Il tecnico ha spiegato come in alcuni minuti della nottata il segnale gps si degradi e dalla discoteca non sia più possibile localizzarlo con esattezza, nonostante difficilmente dato il poco intervallo di tempo possa essersi spostato, ad esempio tornando a casa. Secondo gli inquirenti, in quel lasso di tempo, potrebbe essere sceso in aree non ben coperte dal segnale, ad esempio nei bagni, dove la ricezione è minore. «La cosa particolare che è possibile notare da questo account, diciamo dalle posizioni gps e soprattutto facendo riferimento all’accuratezza del segnale è uno – le sue parole – che il sensore gps di un cellulare tende a degradarsi e a sparire quando ci troviamo sotto terra, a un piano inferiore o comunque se le nostre teste sono in qualche modo schermate. Ci sono delle fasce orarie in cui è possibile stabilire che il telefono di Canovaro si trovasse in un piano inferiore del locale, questo perché in queste fasce orarie Google segnala sì una posizione, ma ponendo l’attenzione sul fatto che il segnale può avere un margine di incertezza fino a 3.200 metri. Significa che in quell’esatto momento il segnale non è più in grado di collegarsi coi satelliti e che quindi il cellulare è schermato». In particolare «la posizione che viene catturata alle 3,38 in 25 secondi ci dà un margine di errore di 2.200 metri, alle 3,43 ci dà una posizione di circa cento metri, quindi direi che almeno dalle 3,38 alle 3,43 potremmo considerare il cellulare in una zona in cui il segnale era degradato». Ma non solo: «Per quattro minuti, fra le 4,10 e le 4,14, l’accuratezza è ancora minore, perché si parla di tre chilometri. Poi sicuramente un’altra volta – conclude – fra le 4,43 e le 5,02, per circa 17 minuti, e anche qui abbiamo un’accuratezza del segnale di 3.200 metri». l
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