Pistoiese, lasciano anche Guido Davì e Andrea Caponi
Il capitano: sono tornato credendo in buonafede nel progetto
PISTOIA. L’uscita più eccellente nel fuggi fuggi arancione è forse quella di Andrea Caponi, che domenica scorsa aveva di nuovo indossato la fascia di capitano complici le assenze di Pertica e Davì. Ricordiamo che il centrocampista fu anche il pomo della discordia tra De Simone e Rosati. Il diesse era convinto che si trattasse di una operazione tecnicamente sbagliata, al pari di quella attuata per iniziativa del patron di assumere lo svincolato Trotta. Il rientro nei ranghi dell’ex Pontedera coincise con la riassunzione di mister Consonni e dette origine a quattro vittorie e tre pari, tra cui il successo salvifico con il Prato.
Successi purtroppo ormai ricordo sbiadito, che facevano seguito a scioperi negli allenamenti e alla fuga di una mezza dozzina di giocatori. Il dio pallone, pure lui beffardo, sembrava aver deciso che le sorti dell’Olandesina fossero rosee a prescindere da ogni logica. Ci credevano i tifosi e alcuni dirigenti anche scaltri ed esperti. I successi avevano agli occhi di tanti una realtà tutt’altro che vincente. Tante persone vivevano un dramma annunciato senza avvertire il pericolo incombente. Le vittorie invece di una cura si sono rivelate un placebo.
Eppure i segnali c'erano: uscita di scena di Lehmann, avvento del "trust" inglese, zero soldi da inizio stagione, bandi persi per inadempienze, fughe dei Gammieri (padre e figlio) e Giuseppe Bruno. La fuga dei primi giocatori. Eppure c'era sempre chi credeva in una soluzione. Tra questi Andrea Caponi, il quale ammette: «Alla fine ci tocca concludere di essere stati ingenui, Di aver creduto a vane promesse. Mi sento deluso e ferito: dopo sedici anni di carriera ho sperimentato qualcosa che non si può definire calcio. Quello sano intendo. Sapevo che in serie D si rischia di imbattersi in situazioni problematiche. Trovai normale che l’anno scorso avessimo attraversato dei momenti bui che però ad un certo punto si risolsero con il pagamento di tutte le spettanze. Al momento dei mio ritorno alcune considerazioni mi convinsero: la Pistoiese aveva preso Trotta. Davì che è un amico fraterno mi chiamò. Mi disse che non stavano riscuotendo, che la situazione assomigliava a quella dell’anno precedente, che se fossi tornato potevamo fare molto bene. Mi confortò in tal senso pure il ritorno di Macrì. La proprietà mi fornì rassicurazioni. Ho agito in assoluta buona fede. Ero anche attratto dall’idea che l’obiettivo sfuggito beffardamente l’anno scorso potesse essere raggiunto. Abbiamo giocato sette meravigliose partite andando a meno quattro dal Ravenna. Scendevamo in campo senza riscuotere un euro, ma davamo lo stesso tutto. L’esonero del mister è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Quella che ci aperto gli occhi: la situazione era completamente sfuggita di mano. Ho quindi deciso quello che non avrei voluto. Ora mi sono preso dei giorni per decidere sul mio futuro».
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