Il Tirreno

Pisa

In tribunale

Omicidio Capovani, il compagno della dottoressa: «Era la nostra colla, la donna più coraggiosa che abbia mai conosciuto»

di Andreas Quirici
Omicidio Capovani, il compagno della dottoressa: «Era la nostra colla, la donna più coraggiosa che abbia mai conosciuto»

Michele Bellandi, chiamato a testimoniare: «L’aspettavamo a casa nel tardo pomeriggio. Le ho mandato un vocale chiedendole dove si trovasse a cui non ha risposto»

18 gennaio 2024
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Pisa «Era coraggiosa, la persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto. Era mossa dalla difesa dei deboli, che fossero i colleghi, i pazienti, le donne o i bambini». Parole che cadono come macigni nell’aula del Tribunale di Pisa dove ieri si è svolta l’udienza del processo per l’omicidio della dottoressa Barbara Capovani, uccisa il 21 aprile scorso davanti alla palazzina dell’ospedale Santa Chiara a Pisa che ospita il reparto di psichiatria di cui era responsabile. A pronunciare quelle frasi il compagno del medico, Michele Bellandi, chiamato a testimoniare dal pubblico ministero Giovanni Porpora. Un ricordo lucido e commovente, mentre i tanti colleghi della donna presenti abbassano la testa e si coprono il volto. Insieme da vent’anni, il cui anniversario è stato festeggiato dalla coppia nel gennaio del 2023 con un viaggio in Africa dove il manager l’ha portata per «staccare, anche se lei trovava sempre il modo di rimanere in contatto coi suoi colleghi».

Perché Capovani aveva una vita piena tra lavoro e famiglia, amici e pazienti. «Era sempre impegnata – ha raccontato Bellandi ricordando gli spostamenti della donna in bicicletta – non aveva orari. Faceva un lavoro che sapeva essere pericoloso, ma in così tanto tempo, solo una volta mi ha detto una frase in cui mostrava qualche preoccupazione. Altrimenti era sempre pronta a mettersi in mezzo se un suo collega veniva minacciato da un paziente. Il timore per se stessa era l’ultima priorità».

Poi la memoria va a quel giorno maledetto: «L’ho vista a pranzo poi lavorando al piano di sopra, l’ho sentita rientrare e uscire di nuovo. L’aspettavamo a casa nel tardo pomeriggio. Le ho mandato un vocale chiedendole dove si trovasse a cui non ha risposto. E infine è arrivata la telefonata di recarci al pronto soccorso».

Bellandi descrive la vita che ha trascorso con Barbara Capovani. Lei super impegnata con i casi psichiatrici o le riunioni alla Società della Salute. Lui all’estero per lavoro. «Ma in tanti anni ho saltato pochissimi fine settimana insieme alla mia famiglia». E la domanda dell’avvocato di parte civile della famiglia della dottoressa, Stefano Del Corso, ha liberato il fiume in piena del compagno di lei. «Cos’è cambiato dopo la morte di Barbara Capovani?», ha chiesto il legale. Michele Bellandi ha preso fiato e ha fatto uscire un ritratto struggente. Impossibile rimanere impassibili e freddi. «Barbara era un punto di riferimento, una forza della natura – ha sottolineato –. In ogni ambito, in maniera magica, finiva per essere al centro di tutto. Aveva un’empatia incredibile. Dopo pochi minuti dall’incontro con qualcuno che non conosceva, diventava una presenza fondamentale. Per noi è cambiato tutto».

E ancora: «Era colla, dava attenzione a tutti. Nel weekend riusciva a fare una cena a due con me, poi con gli amici e riusciva a trovare il modo di organizzare un pranzo con i familiari. Lo stesso coi nostri figli, sapeva trovare il modo di dare loro sostegno. Tutti noi abbiamo perso una bussola e ora stiamo rimparando a vivere senza un cardine. Intelligenza, personalità, velocità nel comprendere le situazioni. Trovava soluzioni a qualsiasi problema. La trovavi a parlare con un amico di fisica e poco dopo si confrontava con il tecnico della caldaia». Poi ammette che sia lui che i figli hanno avuto un supporto psicologico dopo la sua morte.

Inevitabile di fronte a un tale dramma e alla storia d’amore e di vita interrotta così bruscamente il 21 aprile dell’anno scorso. Nessun’altra domanda per Michele Bellandi che ringrazia, si alza e va a sedersi mentre l’aula è ancora immersa nel silenzio. Nel vuoto aleggia la figura della dottoressa appena raccontata col cuore in mano dal compagno.

Una presenza che si percepisce poco dopo l’uscita della giuria e la corte d’assise. Quando gli avvocati raccolgono le loro cose e Bellandi viene avvicinato da Simona Elmi, collega di Barbara Capovani. I due si guardano e si stringono in un abbraccio infinito con le lacrime che sgorgano in un pianto impossibile da frenare. l

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