Nella miniserie “M. Il figlio del secolo” la storia di Cesare Rossi: chi era il pesciatino che aiutò Mussolini
Il suo ruolo è messo in evidenza nella serie tv dedicata al dittatore
PESCIA. Si annuncia come l’evento televisivo dell’anno, e nella miniserie Tv “M. Il figlio del secolo”, tratta dal romanzo storico “M” di Antonio Scurati, c’è anche un po’ di Pescia, visto il rilievo che viene dato a una delle figure della storia (in tutti i sensi, sia che ci si riferisca alla trama che alla storia reale), ossia Cesare Rossi. Interpretato da Federico Russo (attore già noto al grande pubblico per le sue partecipazioni a film come “Freaks out” o alla serie Tv “Call my agent”), Rossi è uno dei consiglieri più fidati di Mussolini, come traspare anche nella serie televisiva, dove spicca il suo accento toscano. Sì, perché il vero Cesare Rossi era appunto toscano e, per la precisione, pesciatino.
Chi era
Figlio di Gugliemo Rossi, insegnante elementare ed ex garibaldino, e di Amelia Nucci, Cesare nacque a Pescia nel settembre del 1887. La sua biografia si muove in parallelo con quella del dittatore: come Mussolini fu un militante socialista, sindacalista, per diventare poi interventista negli anni della prima guerra mondiale. Avvicinatosi a Mussolini divenne collaboratore del suo giornale (“Il popolo d’Italia”) e partecipò alla fondazione dei fasci di combattimento. Diventato uno dei più fidati collaboratori del dittatore (ricoprendo il suolo di capo ufficio stampa della presidenza del consiglio ) assunse numerosi incarichi in seno al partito fascista. Le sue fortune però si arrestarono con il rapimento e l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Le indagini infatti portarono a Rossi, fondatore della cosiddetta “Ceka fascista” (chiamata a contrastare in modo violento e illegale gli oppositori del regime) e soprattutto strettamente legato all’autore materiale di quell’assassinio, il fascista fiorentino Amerigo Dumini. Dimessosi da tutte le cariche Rossi fu prima arrestato e, assolto in istruttoria, riparò in Francia. Con un suo memoriale prima, e poi in una serie di dichiarazioni rilasciate ai giornali mentre era in esilio, chiamò in causa direttamente Benito Mussolini per la morte di Matteotti.
La storia
Catturato dalla polizia fascista Rossi fu rimpatriato e condannato a 30 anni di carcere dal tribunale speciale, per poi essere destinato al confino nel 1940 e poi, nel febbraio del 1943, la libertà condizionale. L’arrivo degli alleati lo trovò a Sorrento e qui venne nuovamente arrestato, però dalla polizia alleata, e internato e quindi condannato per aver favorito l’ascesa del fascismo. Graziato dal Re, nel 1947 fu nuovamente processato per il suo ruolo nel delitto Matteotti, per essere poi assolto per insufficienza di prove. Tornò quindi a occuparsi di giornalismo, collaborando con numerose riviste e quotidiani (tra cui Il Tirreno), fino alla morte che lo colse a Roma il 9 agosto del 1967.
© RIPRODUZIONE RISERVATA