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Lucca, addio “Mama Carla”: la scelta del Rwanda, il coraggio in guerra e quella patente presa "per forza"


	Carla Frediani al centro della foto durante una missione in Rwanda
Carla Frediani al centro della foto durante una missione in Rwanda

Carla Frediani ha dedicato la vita ai più bisognosi, da persona umile ma pronta sempre a dare

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LUCCA. «Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quando amore mettiamo nel dare». Lo scriveva Madre Teresa di Calcutta in un suo libro. E la vita di “Mama Carla”, piccola ed esile come Madre Teresa, è forse la prova di quando vere possano essere queste parole che Carla Frediani ha testimoniato con quello che ha fatto, quello che ha dato, quanto ha amato. Testimonianza che niente potrà cancellare e potrà essere di ispirazione per tanti. Se “Mama Carla” potesse sentirci forse reagirebbe, come tante volte aveva fatto di fronte a chi si complimentava con lei, con un «chi io?». Sì, lei.

L'auto e la patente presa per muoversi tra i villaggi

Carla Frediani si è spenta martedì in ospedale a Lucca all’età di 89 anni. Era originaria di Castelvecchio di Compito e da alcuni anni era malata. Finché la salute le ha concesso di dedicarsi agli altri non ha smesso di impegnarsi per assistere mamme e bambini ruandesi . È qui, lungo le strade polverose, tra case poverissime, malattie, fame, sofferenza che Carla era accolta a braccia aperte e con grandi sorrisi. È qui, tra Nyarurema e Rukomo, che piccoli e grandi avevano imparato a salutarla gioiosi al grido «Mama Carla!». «All’inizio non aveva neanche la patente, girava a piedi o si faceva portare in bicicletta, ma poi col tempo gli fecero capire che per muoversi nei villaggi ruandesi bisognava dotarsi di una macchina e imparare a guidare e così fece e prese la patente in Rwanda» ricorda il Centro Missionario Diocesano «Carla, nata in una famiglia di contadini, seconda di 3 figlie, a 15 anni andò ad assistere la sua anziana nonna paterna e due zie che abitavano a Lucca in centro storico. Iniziò a frequentare il movimento Regnum Christi di Lucca e in quegli anni fece anche il corso di infermiera presso la Croce rossa».

Il ricordo di don Giancarlo

«Si definiva una persona semplice – continua il ricordo – che mossa dalla curiosità e dalla richiesta di un prete, don Giancarlo Bucchianeri, aveva deciso con un’amica di raggiungere il missionario in Rwanda all’età di 44 anni, “tanto non avevo altro da fare…”, come ripeteva lei. Dopo una prima esperienza di un mese, parte per il Rwanda nel luglio del 1979 e insieme a don Giancarlo Bucchianeri muove i primi passi nella parrocchia di Nyarurema, nell’attuale diocesi di Byumba, nella provincia dell’Umutara nel nord del Paese. Questo viaggio si è trasformato in una scelta di vita che l’ha legata al Rwanda per ben 35 anni. Aveva poi scelto di essere una laica consacrata nel movimento Regnum Christi. A vederla da vicino aveva un fisico minuto ed esile, avreste pensato che una folata di vento l’avrebbe portata via, in realtà era forte come una quercia, per aiutare un bambino diventava una leonessa, aveva le sue radici saldamente attaccate al terreno, quella terra rossa da cui non avrebbe mai voluto andare via perché la sentiva come la sua seconda casa. Il Centro Nutrizionale di Nyarurema e poi anche quello di Rukomo in Rwanda erano “oasi protette”. Là accoglieva i bambini malati e denutriti e le loro madri. Li pesava, gli misurava il perimetro brachiale offrendo una speranza alle tante madri. Bambini con il viso emaciato, i capelli gialli, il ventre gonfio o col corpicino scheletrico che ricevevano ogni tipo di cura inviando i casi più gravi agli ospedali vicini e quando era necessario fino all’ospedale della capitale, Kigali, da specialisti a 150 km. Si parla degli anni’80, un Rwanda completamente diverso da quello di oggi».

Il coraggio e la forza per affrontare la guerra e il genocidio

Conclude così il Centro missionario: «Carla Frediani ha affrontato le più grandi atrocità durante la guerra, nel periodo buio del genocidio eppure la sua fede non ha mai vacillato perché laddove la gente vedeva miseria e disperazione, lei trovava speranza e misericordia per tutti. Una volta mentre stava subendo una rapina a mano armata non perse l’occasione per dire ai ladri che stavano facendo una cosa sbagliata e dovevano pentirsi, che dovevano cambiare vita. Non ha mai amato avere i riflettori puntati, era schiva ad ogni forma di clamore o pubblicità, non amava farsi fotografare e a chi elogiava il suo operato rispondeva risolutamente “ma chi io? Oh che avrò fatto mai… son solo un umile serva del Signore”».

Carla sarà esposta presso la camera ardente dell’obitorio di Lucca fino alle 16 di giovedì 16 gennaio. Poi sarà portata nel Compitese alla chiesa di Castelvecchio basso: alle 21 ci sarà un rosario missionario. Venerdì 17 alle 15 nella chiesa di Capannori il funerale presieduto dall’arcivescovo Paolo Giulietti.
 

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