Livorno, la serie C a un passo, parla il presidente Joel Esciua: «E ora riprendiamoci la storia»
Grande attesa per il match a Terranuova di domenica 6 aprile: «Entro il 2028 vogliamo tornare in B, la livornesità il valore aggiunto»
LIVORNO. L’attesa attenua le passioni mediocri e aumenta quelle più grandi. Lo sa Livorno, una città che aspetta solo di mettere definitivamente fuori tutto il corpo dal calcio di quarta divisione, tornando nel mondo dei professionisti. Lo sa Paolo Indiani con la sua ciurma prima costruita, con l’aiuto della società, e poi portata in trionfo, e lo sa Joel Esciua, il presidente. La vigilia della giornata più importante della sua gestione l’ha passata davanti ad un rettangolo verde, a vedere i ragazzi della Juniores capaci di conquistare il campionato Under19 e di qualificarsi con una giornata di anticipo alla Poule scudetto. «In questa squadra sono cresciute diverse delle nostre quote, sono motivo di orgoglio tutti: l’amaranto è sulla loro pelle. Questa è la grande famiglia che abbiamo costruito, godiamoci il momento, lasciamo che le emozioni prendano il sopravvento. Il momento che la città ha atteso da troppo tempo sta per arrivare: finalmente sarà fatta “giustizia” alla città che ha sofferto senza poter fare niente di fronte alle disgrazie del club. E poi, sfruttiamo il vantaggio temporale per costruire il futuro: quando sono arrivato ho detto che per il 2028 avrei voluto riportare il Livorno in Serie B, non intendo tirarmi indietro».
Presidente, come sta vivendo questa vigilia (sabato 5 aprile, ndr)?
«In maniera normale, secondo la routine che abbiamo costruito nell’arco della stagione. Venerdì sono rientrato in città, i miei dirigenti mi hanno sempre tenuto informato su tutto. I riscontri con la squadra sono positivi: siamo tutti consapevoli di essere ad un passo dallo scrivere un nuovo capitolo di storia, dal riprendercela, questo è il momento di lasciare che le emozioni corrano libere, senza freni né piani».
La spinta della gente è un motivo d’orgoglio in più.
«Abbiamo cominciato bene, la sfida più importante era questa. Sapevamo di voler imboccare da subito la strada giusta, ma il calcio non è una scienza esatta, per quanto si possa pianificare. A fare la differenza sono state le persone, i calciatori in campo e gli uomini della società fuori. Ci siamo aperti ai nostri tifosi, la linfa di ogni club. Penso, per esempio, alla festa e alle iniziative organizzate in occasione della ricorrenza dei 110 anni dalla fondazione, ma anche allo store amaranto che nei prossimi giorni apriremo al Parco Levante. Quello diventerà un punto di aggregazione per i nostri tifosi: il senso di appartenenza è importantissimo e qui a Livorno si respira per la strada o dentro ai bar».
La passione per il calcio dei livornesi, lei, l’ha percepita subito?
«Da quando arrivai la prima volta, diciamo pure durante la fase “perlustrativa”, prima di rilevare la società. È il bello di questo sport».
Non è un caso, che a Terranuova Bracciolini, alla fine ne possano arrivare poco meno di mille.
«Sì, la nostra è una tifoseria passionale. Che ha sofferto troppo e che deve riprendersi il palcoscenico che le spetta».
Invece, qual è la caratteristica della sua squadra che più le piace?
«Il suo essere una squadra capace di adattarsi ad ogni situazione: sono stati capaci di infilarsi in “trincea” quando ce n’è stato bisogno o anche di costruire una manovra più sofisticata quando se n’è creata l’occasione. Hanno gettato le basi di uno sprint straordinario, adesso proviamo a raccoglierne i frutti».
In questo Livorno ad essere forti sono soprattutto le radici: sono diversi i livornesi che vestono questa maglia e che legheranno il proprio nome al ritorno tra i “pro”.
«È uno dei motivi di soddisfazione. Penso a Jacopo Marinari, che fino allo scorso anno era negli Juniores, o anche a Danko Ciobanu e Filippo Tani, i due portieri. Ci sono poi i ragazzi che stanno lavorando un po’ con la prima squadra e un po’ coi pari età come Cesare Niccolai e Federico Vallini, ma il rischio è di dimenticare qualcuno. Alberto Arcuri, per esempio, ha dato un contributo importante (1 gol in campionato, quello dell’1-0 col San Donato, ndr) e come lui Matteo Frati, oltre a Andrea Bacciardi, voluto con grande determinazione da Alessandro Doga, l’uomo che si è occupato del mercato insieme a Bicchierai. Ci sono poi Andrea Fancelli e poi Andrea Luci, sì piombinese di nascita ma ormai livornese d’adozione. Praticamente una squadra nella quale, già dalla passata stagione, si sono inseriti elementi di spessore come Bellini e Brenna, mentre nel gennaio dello scorso anno è arrivato Rossetti».
Il sogno è sempre quello di arrivare, entro il 2028, alla Serie B?
«Quando sono arrivato a Livorno ho detto subito che questo sarebbe stato il mio disegno. Ci abbiamo messo un po’ di tempo in più ad arrivare alle soglie della promozione in C, ma manca davvero poco. Per altro, ci siamo messi alle spalle in maniera importante, mantenendo sempre un distacco importante, due nobili come Grosseto e Siena. E sapete come è stato possibile? Intanto grazie alle idee, innovative, di Indiani e poi grazie alla fame di successi di questi giocatori, davvero mai paghi».
C’è un momento, di questa stagione, che lei non dimentica?
«Dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia, col Guidonia. Non c’ero, ma mi hanno riferito che nello spogliatoio c’era grande rammarico. Il gruppo era consapevole di non aver disputato una gara ai livelli abituali. Sapevo di aver di fronte uomini veri, quella è stata una conferma ulteriore».
Intanto, bisogna conquistare questa vittoria. Ma non vi basta.
«No, perché, al termine della stagione regolare, ci sarà poi la poule scudetto: conquistare un trofeo significherebbe impreziosire un campionato importantissimo, ma soprattutto permetterebbe di “scaldare” i motori in vista della stagione che verrà, visto che verosimilmente le squadre che affronteremo saranno inserite nel nostro girone di Lega Pro».
Tra gli obiettivi c’è anche quello di lavorare sul settore giovanile?
«Sì, intanto perché diventa il bacino da cui attingere per rafforzare il gruppo, ma soprattutto perché lì ci si cuce la maglia sulla pelle. Salutare in anticipo rispetto alla fine della stagione canonico il ritorno tra i professionisti ci permetterà di progettare il futuro in maniera ancora più capillare».
Guardando al futuro, servirà lavorare anche sul fronte delle infrastrutture, pure se la burocrazia italiana, non solo non aiuta, ma talvolta spinge anche a desistere.
«Ci stiamo guardando intorno, speriamo di fare qualche passo. Poi sarà il tempo a dirci quanto grande. Certamente le leggi italiane in materia sono molto diverse rispetto a Francia e Regno Unito. Siamo comunque molto attenti».
Presidente, ai suoi ragazzi, prima della partenza per Terranuova, chiederà un regalo, dunque una vittoria?
«Venti regali (ride, ndr), ovvero 20 vittorie in campionato, questa squadra ce li ha già fatti scartare. Speriamo di avere subito il 21esimo, pur consapevoli che di fronte avremo un avversario che lotta per salvarsi e che ha già frenato, battendole, Grosseto e Siena. Intanto, voglio esprimere il mio ringraziamento alla società, che ha fatto di tutto per accogliere al massimo la nostra tifoseria, poi pensiamo a vivere ogni istante di gara. Un pensiero, poi, va all’innovatore di Indiani: sapevamo quale fosse la sua caratura, è il re delle promozioni, ma val bene sottolineare la sua metodologia, all’avanguardia, oltre alla capacità di lettura delle gare».