Livorno, scopre dopo quaranta giorni che il padre è morto in ospedale
L’uomo era ospitato in una Rsa ma era stato ricoverato: è stata contattata la sorella. Il figlio: «Non so nemmeno dove è stato sepolto, anche mia mamma non sa nulla»
LIVORNO. Alessandro Sammuri vive in Svizzera da 13 anni. A Livorno ci è nato e qui tornava, quando possibile, per trovare il babbo, Valerio, a cui anche dopo la separazione dei genitori era rimasto legato. «Sono andato a trovarlo anche con mio figlio Mattia: quando ha saputo che il nipote giocava a calcio, per lui che poco più che ragazzino aveva cominciato nel vivaio della Fiorentina, è stata una gioia. Mio figlio gli ha sempre scritto anche le cartoline, abbiamo delle foto insieme. E allora, perché ho dovuto scoprire della sua morte per caso, quasi per una coincidenza di date?».
La tragica scoperta
È successo tutto il 31 dicembre scorso. Alessandro chiama la Rsa dove era certo fosse ricoverato il padre per fare gli auguri di buon compleanno, come da tradizione, al padre. Ma il padre non si trova. Chiama Villa Serena, poi la Pascoli infine nuovamente Villa Serena. Qui, viene a scoprire che il babbo è mancato all’ospedale di Livorno il 19 novembre scorso, quindi oltre 40 giorni prima. Nemmeno la mamma di Alessandro ed ex moglie di Valerio, che pure vive in città, era mai venuta a conoscenza della triste notizia. Dei familiari dell’uomo, ad essere informata è stata la sorella di Valerio, indicata nella documentazione sanitaria come parente dell’uomo.
Alessandro ha incaricato un legale, l’avvocato Andrea Vettore di fare luce sulla vicenda, anche per sapere dove sia stato sepolto il padre. L’avvocato studierà le carte per capire, giuridicamente, se ci siano state delle mancanze: sul fatto che, sotto il profilo etico, questo black out comunicativo sia mortificante sembrano esserci pochi dubbi. «Ho ricevuto un formale incarico - ci spiega l’avvocato -. Ma qui, prima di tutto, sono delle carte da valutare e dei percorsi da ricostruire».
«Qualche tempo fa - ci racconta ancora Alessandro Sammuri - sono stato contattato dai servizi sociali che si prendevano cura di mio padre dopo la morte di mia nonna, per avallare la nomina dell’amministratore di sostegno. È stato fatto attraverso una mail, a cui ho sempre risposto, e, come si legge in una di queste carte, anche telefonicamente. Sì, è vero che sono residente in Svizzera, ma sono iscritto all’elenco degli italiani residenti all’estero, dunque mi si sarebbe potuto contattare anche ricorrendo a questa soluzione, nel caso in cui fosse stato smarrito il numero. A ricostruire il tutto è stata mia moglie Claudia, che non mi ha lasciato solo un istante in un momento così complicato».
Una vita complicata
Per Alessandro tornare a Livorno, negli ultimi tempi, è stato complicato: da una parte il lavoro - gestisce un tour operator che si occupa di organizzare viaggi ai Caraibi -, poi la quotidianità, con un figlio da crescere e la moglie alle prese con una patologia nientaffatto trascurabile. È assolutamente possibile che per la burocrazia, allertando la sorella dell’uomo e l’amministratore di sostegno, di fatto siano stati compiuti i passaggi formali previsti dalla legge. La legge del cuore, però, non prevede protocolli e, forse, provare a rintracciare il figlio sarebbe stato un atto di carità umana. «Mio padre era conosciuto a Livorno, stava spesso nelle vie del centro, nella zona di piazza Attias. Quando è mancata nonna, è stato ricoverato prima in alcune case-famiglia, poi nelle Rsa. Prima aveva allenato anche i ragazzini alle Sorgenti. Babbo ha avuto una vita complicata, resa ancora più difficile dai postumi di un incidente. Ma essere venuto a sapere della sua dipartita così è stato brutale. È intervenuta mia moglie, perché anche adesso mi viene il groppo in gola a parlarne. Non so nemmeno dove sia stato sepolto, ma lo scoprirò».