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Livorno, il bar Ghidoni abbassa le serrande: si chiude una storia lunga 63 anni

di Flavio Lombardi

	Zorro e Lidia in una foto degli anni Ottanta, Roberto Ghidoni e la moglie Barbara e sotto il locale
Zorro e Lidia in una foto degli anni Ottanta, Roberto Ghidoni e la moglie Barbara e sotto il locale

Oggi l’ultimo giorno di apertura, poi dal 2 dicembre la nuova gestione del locale. «I futuri proprietari hanno belle idee e metteranno uno spazio per gli aperitivi»

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LIVORNO. Erano i primi giorni di gennaio di tre anni fa e Il Tirreno celebrò il 60esimo anniversario del bar Ghidoni. Il proprietario, Roberto, salutò così: «Adesso è diverso, non c’è più quella spensieratezza e voglia di stare insieme che ho conosciuto quando da piccolino giravo fuori dal locale e osservavo i miei genitori servire i clienti. Il sogno? Sessanta anni, in un matrimonio, sono le nozze di diamante. Raggiungere il 75esimo e festeggiare quelle di platino sarebbe il massimo. Chissà». Resterà un sogno, invece.

Perché oggi il bar si appresta a passare di mano. Roberto e sua moglie Barbara (negli ultimi 30 anni pure lei viso noto dell’attività) lasciano. Le serrande, con l’inizio del nuovo mese, resteranno chiuse per tornare su il 2 dicembre sotto una nuova gestione e i lavori di restauro. C’è tristezza, ma anche la consapevolezza di avere un’età e uno stato di salute soprattutto che può permettere di godersi un po’ la vita. «Mio figlio è laureato - confessa Roberto - ha preso la sua strada e non c’erano presupposti per la continuità che invece trovarono a suo tempo, mio padre e mia madre. È la vita, si chiude un capitolo che si aprì il primo gennaio 1961, quando ero un frugoletto di due anni, con babbo Zorro (per tutti Alberto) e mamma Laura che per la gente era Lidia e sempre attorno a mio nonno Luigi che all’epoca si occupava di vendere le sigarette. Anche sciolte due o tre alla volta. Prima usava».

Da alcuni giorni è una processione di persone. Che ancora non possono credere che la pagina è giunta all’ultima riga e tutto è pronto per aprirne un’altra alla quale poi si abitueranno. Ma non da subito. Roberto con molti ha un rapporto che va oltre. C’è amicizia. E allora, diventa semplice dire «cosa ti posso offrire?», un modo per congedarsi in allegria, dando un calcio alla tristezza. Qualcuno è uscito con un ricordo. Una boccina del biliardo, una stecca, delle coppe ancora nella scatola e mai usate del Rosso antico, addirittura uno specchio Baci Perugina lungo un paio di metri e largo uno che presto farà bella mostra in un negozio vicino.

Ogni oggetto che racconta una sua storia. Come i cartelli di latta del gelato Tanara, o i manifesti del rabarbaro Zucca, la macina caffè della Gaggia, il secchiello del Martini, le bottiglie giganti in vetro della birra Peroni. Tutta roba vintage, minimo 50 anni, tenuta in magazzino come reliquie. Una carrellata veloce, che lascia capire molto più di quel che sembra: come siano cambiati certi messaggi pubblicitari, l’abbigliamento, lo stile di vita in generale. Insomma, chi ha visto certe cose uscir fuori da quella soffitta, ha ripercorso in pochi minuti gran parte della propria esistenza. Rammentando persone che non ci sono più e le abitudini che Zorro, Lidia e poi Roberto e Barbara hanno sempre soddisfatto.

«Da un anno ho cominciato a pensare all’eventualità di cedere l’attività - riprende - ma alla fine non se era mai fatto di nulla. Fino a che non si sono presentati quelli che ormai saranno i nuovi proprietari. Hanno belle idee, metteranno uno spazio all’aperto per gli aperitivi come il locale di fronte (l’ex Victor, ndr), mettendo in pratica quello che avrei voluto fare io, ma che non ho mai fatto per questione di organico. Insomma, questo bar non finisce con noi, così come con noi Ghidoni, proseguì un cammino cominciato da altri nel dopoguerra».

Forse tornerà alla denominazione originaria, bar Livorno. La stessa con la quale anche in camera di commercio è tuttora registrata e che per tanti anni è stata stampata sull’elenco. E con gli avventori di vecchia data, partono ancora aneddoti. Due risate, qualche lacrima, e la promessa di non perdersi di vista. È oggi uno di quei giorni che ti prende la malinconia, ma domani è un altro giorno, si vedrà. Parole che escono come per gioco del destino, dalla radio sempre accesa accanto allo scaffale dei tabacchi. E’ la voce della Vanoni, e il testo regala il pensiero del presente e insieme anche il passato e del futuro. Una vita già scorsa davanti ai propri occhi, ma altre possibilità per regalarci emozioni e vincere la malinconia. Buona pensione Roberto, buona pensione, Barbara.

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