Salute, ipertensione e caldo: «Non cambiate la terapia, ecco cosa fare». I consigli del cardiologo
40mila livornesi sono affetti da ipertensione arteriosa. Il monito dell’ex primario legato al caldo: «Decide il medico»
LIVORNO. Circa un terzo della popolazione adulta in Italia è affetto da ipertensione arteriosa. «Un problema che riguarda 40mila livornesi», sottolinea Umberto Baldini, cardiologo, per anni primario agli Spedali Riuniti.
«Accanto alla maggior parte di queste persone che curano la pressione alta con farmaci per mantenerla ben controllata, esiste una percentuale non bassa di persone – circa un terzo, si stima che siano oltre diecimila nostri concittadini – che hanno la pressione alta e non lo sanno perché non la controllano o che sanno di avere valori elevati ma non assumono farmaci. Eppure non conoscere i propri valori pressori è molto grave». È l’allarme che lancia il cardiologo livornese. Aggiungendovi un monito, legato a questi giorni di afa e caldo estremo: «Quando le temperature aumentano non è infrequente che i pazienti sospendano la terapia antiipertensiva magari senza neanche controllare i propri valori pressori nella convinzione che “tanto con il caldo la pressione cala”».
Dottore, è una convizione falsa?
«In realtà è possibile che in estate i valori pressori diminuiscano e per questo può essere necessario un aggiustamento della terapia se dovessero essere confermati valori troppo bassi. Ma sempre secondo le indicazioni del medico».
Quali sono gli altri rischi estivi?
«È importante, soprattutto nei mesi caldi, mantenere una idratazione adeguata in quanto soprattutto in età avanzata si beve poco e si può andare incontro ad uno stato di disidratazione e conseguente calo pressorio. Ciò vale per tutti e soprattutto per chi assume terapie antiipertensive».
È vero che il caldo può provocare anche l’effetto opposto, vale a dire un aumento pressorio?
«Sì. Le temperature elevate possono causare stress e aumento dei valori pressori nei pazienti ipertesi. Altro motivo per cui una sospensione dei farmaci senza controllare i propri valori pressori e senza la valutazione del medico è veramente pericoloso».
Il problema è diffuso. Quanti rischi si corrono sottovalutandolo?
«Valori pressori sopra la norma aumentano fortemente il rischio di andare incontro a complicanze cardio, cerebro e nefro vascolari. Parlo di infarto, ictus, scompenso, insufficienza renale. Tanto più se in aggiunta alla pressione alta sono presenti altri fattori di rischio quali fumo, obesità, diabete, ipercolesterolemia, sedentarietà, età avanzata».
Quali sono i soggetti più a rischio di complicanze?
«Quelli di sesso maschile e con familiarità. Ma il rischio di complicanze è tanto maggiore quanti più fattori di rischio sono presenti contemporaneamente. Da qui la necessità di correggere quelli che sono correggibili – ovviamente età, sesso e familiarità non lo sono – con modifiche dello stile di vita e terapia adeguata».
Eppure c’è la convinzione in tanti di potersi autogestire o di essere “immuni”.
«Purtroppo si sente ancora troppo spesso dire frasi come “ma l’ho sempre avuta così”, come per attestare una sorta di innocuità del problema».
A quanto deve essere la pressione?
«Deve essere inferiore a 140/90 mmHg che rappresenta il valore limite che distingue le persone normotese dagli ipertesi e quindi il valore sopra il quale deve essere iniziata la terapia insieme ad una modifica dello stile di vita. Quello è anche il limite a cui arrivare per gli ipertesi in terapia. In presenza di diabete, insufficienza renale o in presenza di un danno d’organo causato dalla pressione alta, per esempio una ipertrofia cardiaca, una retinopatia, aterosclerosi rilevata alle carotidi, il valore soglia per iniziare la terapia può anche essere più basso, parlo di 130/80 mmHg. Solo in persone anziane, soprattutto se fragili, possono essere tollerati valori superiori fino a 160/90».
Quando va iniziata la terapia?
«Il prima possibile perché più tempo viene trascorso con valori elevati, maggiori sono i danni causati al sistema cardiocircolatorio e maggiore è il rischio di incorrere in eventi anche catastrofici come l’infarto e l’ictus».
Se l’invito è rivolto a tutta la popolazione, la domanda non può che essere questa: quando e come va controllata la pressione?
«Sicuramente dal proprio medico in occasione delle visite di controllo o in farmacia: tuttavia tali situazioni non sono ideali per valutare correttamente i valori pressori in quanto fonte di ansia, magari non evidente, che può alterare i valori. Importante è una corretta misurazione domiciliare soprattutto in chi assume terapia. Si effettua con gli apparecchi elettronici validati misurando i valori dopo alcuni minuti di riposo assoluto in posizione seduta, ripetendo una seconda misurazione dopo 1-2 minuti e prendendo in considerazione la media delle due misurazioni. La misurazione domiciliare migliora di molto l’aderenza alla terapia che rimane un problema importante».
Perché c’è la tendenza a ridurre o azzerare le cure?
«La pressione alta spesso non si manifesta con sintomi evidenti. Per questo molti si curano per un po’ per poi smettere la terapia magari per paura degli effetti collaterali evidenziati dal “bugiardino”».
E invece la terapia è a vita...
«Sì. Va fatta per tutta la vita pur con possibili aggiustamenti nei dosaggi dei farmaci secondo le indicazioni del medico. Se si sospende la terapia, la pressione torna ad aumentare al massimo nel giro di 48 ore».
Questa terapia in cosa consiste?
«La terapia deve sempre essere personalizzata sul paziente. Negli adulti bisogna iniziare con una combinazione di due farmaci, che consente di ridurre il dosaggio di ciascuno diminuendone così gli effetti collaterali e migliorando l’aderenza alla terapia, riducendo anche la probabilità di commettere errori di assunzione ed evitando cali pressori eccessivi proprio perché si usano dosi inferiori di ciascun farmaco».