Sofia, agente morta a 33 anni: spunta il contratto di sottomissione sessuale col suo comandante – Le frasi choc
Gualandi si «autodefiniva padrone, colui che tutto può sulla sua schiava». In un passaggio si diceva: «Io signore e padrone mi impegno a dominare l'anima della mia sottomessa»
Il 18 maggio 2023, esattamente un anno prima della morte di Sofia Stefani, l’ex comandante della polizia locale di Anzola, Giampiero Gualandi, e la giovane collega avrebbero sottoscritto un cosiddetto “contratto di sottomissione sessuale". Questo elemento è stato al centro del dibattito nel processo a carico di Gualandi, accusato dell’omicidio della 33enne con cui aveva una relazione extraconiugale. La donna fu uccisa ad Anzola dell'Emilia con un colpo sparato dalla pistola di ordinanza del suo responsabile con il quale intratteneva una relazione extraconiugale. Lui ha sempre sostenuto che si sia trattato di un colpo partito in modo accidentale.
Il dibattito in aula
Nel corso dell'udienza, la procuratrice aggiunta Lucia Russo e l'avvocato Andrea Speranzoni, legale della famiglia Stefani, hanno fatto riferimento al documento come prova chiave per comprendere la dinamica del rapporto tra l'imputato e la vittima. Secondo quanto emerso in aula, il contratto definiva Gualandi come "padrone" con potere assoluto sulla "schiava", Sofia Stefani. In uno dei passaggi si leggeva: “Io signore e padrone mi impegno a dominare l'anima della mia sottomessa”.
La difesa dell’imputato
Gli avvocati di Gualandi, Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, hanno minimizzato l’importanza del contratto, sostenendo che si trattasse di un semplice gioco ispirato a opere di narrativa erotica come “50 sfumature di grigio”. Secondo la difesa, tali documenti si trovano facilmente su siti dedicati al mondo Bdsm e non hanno alcuna validità giuridica né alcun potere di condizionare i comportamenti delle persone coinvolte. Valgimigli ha inoltre ammonito la Corte d’Assise affinché non si lasci influenzare da eventuali pregiudizi morali.
Il contesto lavorativo
Dall’altra parte, l'avvocato Speranzoni ha sottolineato come il contratto non fosse un semplice gioco tra adulti consenzienti, ma fosse calato in una dinamica di potere che coinvolgeva direttamente il contesto professionale di Sofia Stefani. Secondo la parte civile, la relazione tra i due non si sarebbe svolta su un piano di parità, bensì all'interno di un ambiente lavorativo in cui Gualandi, in qualità di comandante, esercitava un’influenza diretta su Sofia. Il processo prosegue, con il dibattito incentrato sull’interpretazione del contratto e sul suo ruolo nella vicenda che ha portato alla tragica morte della giovane agente.