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Firenze accoglie le opere di Dino Petri

GIULIA SILI
Firenze accoglie le opere di Dino Petri

Pittore archeologo, la sua ricerca racconta le miniere La storia metallifera racchiusa in un catalogo speciale

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massa marittima

Nel Settecento Giovanni Battista Piranesi si commuoveva di fronte alle «parlanti ruine» dei Fori Imperiali. Costruzioni diroccate e dimenticate nel tempo. Con quello stesso spirito il pittore massetano Dino Petri ha preso un falcetto, carta e matita e ha cercato all’interno delle Colline Metallifere la sua ispirazione. L’ha trovata negli elementi di archeologia industriale, nelle vecchie fonderie e nelle miniere. Luoghi ricoperti di rovi e dimenticati nel tempo.

Lì Petri ha trovato la sue «parlanti ruine», scenari che raccontano di un passato fatto di pirite, ferro, argento e allume. Oggi quei disegni, tutti fatti dal vivo in più riprese, si trovano a Firenze nel palazzo della Regione Toscana in una mostra personale che domani aprirà al pubblico fino al 16 novembre. “Fonderie e ferriere dell’Alta Maremma nei disegni dal vero di Dino Petri”: è questo il nome della mostra che raccoglie 32 opere.

«I miei disegni vanno da Follonica fino alla Val di Cornia, un percorso durato diversi anni. Per trovare i soggetti mi portavo pennato e matita e andavo alla ricerca di luoghi abbandonati. Senza la storia delle nostre radici non abbiamo futuro» dice Petri che continua a guardare avanti.

Una ricerca archeologica la sua: la sua grande passione per il passato minerario lo ha infatti spinto anche a documentarsi a fondo sulle rovine scoperte nelle sue spedizioni. Proprio per questo è voluto risalire alle fonti: «Ho studiato e fatto ricerche all’archivio di Stato di Firenze – racconta – e ho ricostruito fin dove ho potuto la storia dei miei disegni». Il lungo lavoro è contenuto all’interno di un catalogo particolare, collegato alla mostra: al suo interno, a fianco di ognuno dei disegno dal vero, Petri ha inserito un commento di suo pugno, dove riporta, con dovizia di particolari, la storia di quei luoghi.

Così, ad esempio, di fianco al pastello della fonderia di mezzo di Valpiana, Petri racconta: «Confesso lo stupore e l’ammirazione quando, per la prima volta, ho visto questa fonderia. In questa fabbrica nel 1700, sono state aggiunte delle importanti innovazioni tecniche: le trombe idrogeologiche...». Oppure, per le Roste di Montieri: «Uno spettacolo unico. Sono i residui dell’arrostimento della calcopirite conseguenti al metodo “Conedera”...». Una vera passione da pittore archeologo che ha riscritto con spirito romantico una parte di storia del nostro passato recente, forse uno dei più dimenticati. —

GIULIA SILI

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