Firenze, maestra spintona l’alunno: condannata per percosse
L’insegnate colpì il ragazzo per punirlo dopo che aveva dato una spinta a un compagno di classe
FIRENZE. Condannata a un mese di reclusione, pena sospesa, per aver punito un suo alunno di quarta elementare spintonandolo e facendogli sbattere la testa contro una sedia. Questo l’epilogo della vicenda giudiziaria che ha coinvolto una maestra di 53 anni, originaria della Campania, che lavora in una scuola elementare di Firenze.
Per lei l’accusa aveva chiesto una pena ben più alta, un anno e mezzo. Il tribunale di Firenze ha assolto la donna con formula piena dal reato di abuso dei mezzi di correzione, il più grave contestato, e riqualificato il fatto in percosse, giudicandola colpevole. Secondo le indagini l’insegnante aveva agito con violenza per punire il bambino, di nove anni, che aveva colpito un compagno. E come se non bastasse aveva invitato l’altro alunno a picchiarlo a sua volta, per restituirgli il maltolto. Il fatto risale alla fine di febbraio del 2019, mentre la classe festeggiava un compleanno nel cortile dell’istituto, durante la ricreazione. Il bambino spinse il compagno per gioco, e lo fece cadere.
È a questo punto che interviene la maestra. Secondo l’accusa prese il piccolo, lo portò in disparte e lo colpì con una spinta. «La scuola - gli avrebbe detto - è come un carcere minorile». Il bambino perse l’equilibrio andando a sbattere la testa sulla sedia. Poi la maestra, è stato ricostruito dagli investigatori, chiamò il compagno, quello che era stato spintonato, e lo convinse a vendicarsi prendendolo a calci. Il bimbo punito, tornato a casa, raccontò tutto ai genitori facendo scattare una denuncia. A seguito della spinta ricevuta dall’insegnante, l’alunno ha riportato un trauma cranico, con un giorno di prognosi, a cui si deve aggiungere il trauma psicologico subito, certificato da un professionista.La maestra, che risulta ancora in servizio nello stesso istituto, è stata condannata per percosse, reato che però esclude la circostanza che la violenza subita dal bambino gli abbia procurato lesioni.
La famiglia dell’alunno si era costituita parte civile nel processo, assistita dall’avvocato Mattia Alfano. Il legale adesso valuta un ricorso in appello: «Comunque la si voglia vedere - afferma Alfano - la sentenza conferma l’impianto accusatorio, quindi che l’episodio si sia verificato è confermato». «Tuttavia - prosegue - abbiamo difficoltà a capire perché siano percosse e non lesioni, visto che abbiamo prodotto sia un certificato medico del pronto soccorso che una certificazione del trauma psicologico. Attendiamo le motivazioni per valutare un eventuale appello per gli interessi civili». Nel corso del processo di primo grado sono stati sentiti come testimoni anche il bimbo vittima delle presunte violenze e altri tre compagni di classe. Tutti avrebbero confermato la versione dei fatti ricostruita dall’accusa.
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