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Certaldo, lanterne e parole di speranza per salutare Maati. La madre: «Ucciso nell’indifferenza» – Video

di Danilo Renzullo

	I palloncini in volo per Maati (foto Nucci)
I palloncini in volo per Maati (foto Nucci)

In centinaia alla commemorazione del 17enne ammazzato a Campi Bisenzio. Proseguono le indagini

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CERTALDO. Diciassette palloncini bianchi e diciassette lanterne, tanti quanto gli anni di Maati, che si alzano verso il cielo scomparendo tra le nuvole, ma affidando al vento un messaggio contro la violenza. Quello che ieri gli amici e la famiglia di Maati Moubakir, il 17enne di Certaldo ucciso il 29 dicembre a Campi Bisenzio, hanno voluto lanciare – e ribadire – durante un’iniziativa pubblica in memoria e in ricordo di Maati. In centinaia si sono riuniti ieri in piazza Boccaccio.

Giovani e giovanissimi, ma non solo. Perché quell’omicidio – per il quale sono finiti in carcere tre giovanissimi campigiani e altri tre risultano indagati – ha colpito l’intera comunità e scosso le coscienze. Le stesse che chiedono di fermare la spirale di violenza che caratterizza le giovani generazioni. «Vi abbiamo voluto riunire per nostro figlio, che in questo momento è figlio di tutta la comunità, perché poteva succedere a chiunque», dice Silvia Baragatti, madre di Maati, all’iniziativa promossa insieme al Comune alla quale ha partecipato anche il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, oltre al sindaco di Certaldo, Giovanni Campatelli, gli amici e i familiari di Maati. Lacrime e dolore, ma anche un invito a riflettere.

Parole per costruire

A mettere da parte rancore e odio e costruire una società basata su “Amore”, “Rispetto”, “Empatia”, “Verità”, “Giustizia”, recitano i cartelli esposti in piazza insieme alle foto di Maati e alle fiaccole. «Da venti giorni – continua la madre – ogni notte mi sveglio e penso a Maati, accerchiato e rincorso, e ripercorro con i pensieri tutto quello che è successo quella notte. Immagino la dinamica e la scena: è una tortura. Penso a Maati a terra, sofferente, accerchiato dal branco, abbandonato dagli amici, mentre implorava di essere lasciato stare. Ha visto la salvezza in un autobus, è riuscito a raggiungerlo, ma è stato tirato giù e massacrato con l’ultima coltellata, quella mortale, nella totale indifferenza dell’umanità».

La politica e la necessità di tornare alla convivenza civile

La stessa che i 17 palloncini bianchi e le 17 lanterne affidate al vento dal sagrato della chiesa di San Tommaso, dove mercoledì scorso si sono celebrati i funerali di Maati, hanno simbolicamente voluto spazzare via, trasportando un messaggio di amore. «Dobbiamo recuperare principi e valori per tornare a una convivenza civile che si è persa – dice il sindaco di Certaldo –. L’educazione è considerata un concetto vecchio, ma è proprio questa che è venuta a mancare, la mancanza di educazione civica porta a comportamenti che poi degenerano e sono degenerati con la morte di Maati».
Il governatore Giani, ha invece ringraziato «la comunità di Certaldo che testimonia la volontà di abbattere ogni omertà ed è qui a chiedere giustizia per Maati. Non è possibile vedere un ragazzo di 17 anni così drammaticamente accerchiato. Un ragazzo che voleva passare una serata di divertimento essere accerchiato, preso per i capelli e finito con una barbarie inaudita. Una cosa sconvolgente», aggiunge Giani ringraziando le forze dell’ordine e la magistratura per le indagini avviate velocemente. «In queste situazioni – prosegue – se qualcuno vede non deve stare zitto. In Toscana l’omertà non deve esistere: quanto accaduto deve imporre una riflessione, dobbiamo impegnarci di più per dialogare con i nostri ragazzi, questa logica di branco non è accettabile».
Le indagini
Proseguono intanto le indagini dei carabinieri per stabilire la dinamica dell’omicidio e il movente che ha portato all’uccisione del 17enne, colpito a morte da due coltellate all’altezza del cuore dopo essere stato aggredito a calci e pugni e ferito con tre fendenti alla schiena. Venerdì previsti accertamenti tecnici su due auto sequestrate dopo l’omicidio, una in uso ad uno dei tre ragazzi finiti in carcere, l’altra utilizzata da uno degli indagati.

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