L’Antico Egitto sbarca a Forte dei Marmi
Si inaugura la grande mostra dedicata alla civiltà che sorse sulle rive del Nilo Nelle sale espositive del Fortino reperti provenienti dal Museo Egizio di Torino
FORTE DEI MARMI. Tuffarsi nel mondo dei potenti faraoni, delle maestose piramidi, del grande fiume sacro Nilo. Scoprire i misteri di una lingua rimasta sconosciuta fino a poco più di due secoli or sono. Restare ammaliati dal fascino eterno dei riti e dei miti che circondano uno dei popoli che più hanno influenzato l’Antichità. Insomma, immergersi anima e corpo in una storia millenaria attraverso stele, maschere funebri, amuleti, vasi e papiri ed entrare in contatto con la civiltà degli Antichi Egizi. È quanto sarà possibile a partire da oggi grazie a “Gli Egizi e i doni del Nilo”, la mostra che il Museo Egizio di Torino - il più importante al mondo dopo quello del Cairo - ha allestito insieme alla Fondazione Villa Bertelli e al Comune di Forte dei Marmi nelle sale espositive del Forte di Leopoldo I, nel cuore della capitale glamour della Versilia. Un vero e proprio viaggio nel tempo che inizierà alle soglie del quarto millennio avanti Cristo e che raggiungerà il quarto secolo dopo Cristo in un excursus di grande fascino che partirà dall’età predinastica e che arriverà fino all’epoca greco-romana. Un evento che coniuga cultura e turismo. Si tratta infatti dell’unica mostra che - nell’anno del bicentenario del museo torinese, nato nel lontano 1824 - avrà una location lontana dal Piemonte. E che per la prima volta coinvolge una città della Toscana.
Ventiquattro i reperti del museo esposti eccezionalmente fuori dalla loro dimora abituale. Oggetti che proietteranno il pubblico della mostra lungo le sponde del Nilo ai tempi dei faraoni. E a rendere ancor più suggestivo il lungo viaggio nel tempo e nello spazio sarà la voce narrante dello scrittore versiliese Fabio Genovesi, a cui è stato affidato il compito di accompagnare virtualmente il pubblico che varcherà le porte del Fortino mediante le audioguide consegnate all’ingresso.
Il pezzo pregiato della mostra, che presta anche il proprio misterioso volto alle locandine e ai manifesti che da qualche settimana tappezzano mezza Toscana, è tuttavia una maschera funeraria di età romana datata fra il 30 avanti Cristo e il 395 dopo Cristo proveniente da Asyut, città dell’Egitto sorta sulle rive del Nilo: una riproduzione idealizzata del volto di un antico egizio defunto realizzato con la tecnica del cartonnage (materiale simile alla cartapesta) e destinato alla protezione magica della mummia che custodisce.
Tra i reperti in mostra a Forte dei Marmi fino al 2 febbraio 2025 anche un tipico modellino di imbarcazione dei corredi funerari datato intorno al 2000 avanti Cristo in legno stuccato e dipinto, decorato con la coppia di occhi udjat a protezione dello scafo. Dalla Galleria della Cultura materiale del Museo Egizio proviene un set completo di vasi canopi in alabastro di Ptahhotep, vissuto intorno all’anno Mille avanti Cristo. I quattro vasi sono chiusi da coperchi che ritraggono i Figli di Horus, con teste zoomorfe, utilizzati per conservare separatamente gli organi del defunto.
Il percorso espositivo è inoltre arricchito da infografiche e installazioni multimediali, con approfondimenti storico-scientifici sui reperti e i diversi periodi storici e da due significative riproduzioni provenienti dal Museo Egizio – la statua monumentale di Ramesse II e il sarcofago di Butehamon – per offrire testimonianza di reperti inamovibili, ma di grande interesse storico e artistico.
All’esterno del Fortino, la riproduzione della statua di Ramesse II inviterà i passanti ad accedere al museo. Realizzata in vetroresina in scala 2:1, l’opera costituisce un modello di bellezza assoluto per l’arte Egizia, paragonata dal padre dell’egittologia moderna, Jean-François Champollion, all’Apollo del Belvedere.
Il terzo piano del Fortino sarà invece riservato al sarcofago di Butehamon, per consentire ai visitatori di prendere idealmente parte allo studio scientifico del reperto, accedendo a contenuti multimediali. Riprodotto in scala 1:1 a partire dai rilievi condotti dal Politecnico di Milano e stampato in 3D, il sarcofago offre una concreta testimonianza di come i dati invisibili raccolti durante l’analisi di un reperto possano trovare una manifestazione materiale. Un sistema di mapping consentirà, infatti, di raccontare in modo dinamico come il manufatto fu concepito, costruito e successivamente restaurato.
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