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La scalata del Monte: il nuovo protagonismo di Mps e l’obiettivo

di Cristiano Pellegrini

	La sede senese
La sede senese

Il sostegno di Giorgetti e del centrodestra che può “conquistare” la banca “ex rossa”. La prudenza del Pd

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SIENA. Da Cenerentola del credito italiano, Montepaschi, dopo anni di perdite miliardarie, si trasforma in araba fenice e con una rinnovata intraprendenza diventa addirittura il forte da dove lanciare, attraverso la scalata a Mediobanca, l’assedio a Generali, forziere dei risparmi degli italiani con in pancia 176 miliardi di obbligazioni governative di cui oltre 60 miliardi in titoli di Stato tricolore.

Quel link con il governo

Con una mossa a sorpresa l’istituto senese ha, infatti, annunciato il lancio di un'offerta pubblica di scambio (Ops) su Piazzetta Cuccia, ai cui azionisti ha offerto 2,3 azioni in cambio di un'azione della banca guidata da Alberto Nagel, per una valutazione del capitale di Mediobanca di 13,3 miliardi. E subito ha incassato l'ok del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti che ha definito l’offerta come «trasparente, nell'interesse dell'economia italiana». Un’operazione, quella della ex banca rossa nazionalizzata che oggi piace al centrodestra, che è riuscita a rendere «orgogliosa» la premier Giorgia Meloni e a scatenare perfino una disputa sull’asse Milano – Roma con il sindaco Sala a rivendicare il ruolo di Milano capitale della finanza e il sindaco Gualtieri a tifare per la possibile nascita di un terzo polo bancario, riferimento per il Centrosud. A condurre l’assalto l'ad Luigi Lovaglio che, in un filo diretto con il titolare dell’Economia, l'aveva proposto al Mef già nel 2022. E così Mps da preda si è trasformato in predatore.

«Su Mps non siamo disperati», aveva detto Giorgetti aprendo a una soluzione in grado di ridefinire il sistema bancario in un’ottica policentrica. E, in effetti, i risultati raggiunti anno dopo anno con la gestione Lovaglio sono lì a dimostrarlo con la banca che, utile dopo utile, è tornata perfino a pubblicare un bando per assunzioni, cosa che non accadeva da dieci anni. In questo rinnovato scenario è evidente che al cda di piazzetta Cuccia non basterà l’aver definito l’offerta «ostile» e «non concordata» per fermare l’avanzata senese che può contare sull’avallo dello Stato, principale azionista all’11,7%, e sulla spinta del Gruppo Caltagirone e della holding Delfin dei Del Vecchio. Insieme sommano il 15% del Monte e soprattutto hanno una partecipazione significativa in Mediobanca (oltre il 27%) e in Generali (oltre il 16%), il punto di caduta di questa trama. Mediobanca dovrà costituire un forte di investitori in grado di opporsi. Cosa non scontata. Sul fronte Mps, l’ad Lovaglio, invece, dovrà convincere i due terzi dell’assemblea in programma il prossimo 17 aprile, mentre il 5 febbraio presenterà il piano in cda quando saranno illustrati anche i conti finali del 2024. Nel frattempo Lovaglio è volato a Londra per convincere gli investitori istituzionali della bontà dell’offerta su Mediobanca.

Siena torna al centro

A Siena intanto, dopo anni bui, sul futuro di Montepaschi è tornato l’ottimismo anche se nessuno ancora si sbilancia. L’operazione è complessa e al tempo stesso destinata a non esaurirsi a stretto giro. Più verosimilmente, sono lontani i tempi in cui la città del Palio, che ancora non ha metabolizzato la fine di un’epoca, andava in fibrillazione per ogni mossa che interessava “Babbo Monte”. Tuttavia, sia in Comune che a Palazzo Sansedoni, sede della Fondazione Mps, il riscontro è favorevole. «Dopo anni in cui abbiamo assistito a mosse di altri, vediamo ora Mps protagonista di un’iniziativa che non può che certificarne la buona salute e il ruolo proattivo», ha detto il sindaco Nicoletta Fabio, rimarcando l’azione della maggioranza di centrodestra al governo. Sottolineature evidenziate anche dalla Fondazione Mps che ha giudicato «l’iniziativa di grande interesse anche per il territorio senese». Più cauta la presidente della Provincia, Agnese Carletti, sponda dem, che ha richiamato invece alla necessità «della tutela dei dipendenti, della salvaguardia del marchio e dell’identità di Mps». In attesa anche i sindacati che hanno chiesto all’azienda «un pieno coinvolgimento delle parti sociali».

La partita Generali

Se da un lato il Tesoro non ha mai fatto mistero di voler creare un terzo polo bancario ed evitare che Mps finisca in mani straniere, dall’altro la famiglia Caltagirone e la holding Delfin, per i quali il comitato Parti correlate del Monte ha escluso «vantaggi particolari», vedono di buon occhio l’Ops del Monte su Mediobanca. Sullo sfondo rimane la sfida per il controllo delle Generali. Soprattutto in un anno dove il cda del Leone di Trieste sarà rinnovato. Partita nella partita. L’operazione, infatti, permetterebbe il controllo definitivo sulla cassaforte degli italiani. A Trieste da tempo è aperta un’altra partita fondamentale, che vede contrapposti da un lato Mediobanca, quale principale azionista del gruppo assicurativo con il 13,1 per cento, e dall’altro di nuovo la famiglia Caltagirone con il 6,9 per cento e Delfin con il 9,9 per cento contro il progetto di fondere l’asset management di Generali con quello del Groupe des Banques Populaires et des Caisses d’Epargne: Natixis. La messa in sicurezza di Generali e di Mediobanca in mani italiane è un altro obiettivo del Governo.

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